Viola e il sogno Zico il Flamengo disse no

Viola e il sogno Zico il Flamengo disse no

Nel 1980, alla riapertura delle frontiere, il club provò a convincere i brasiliani a cedere il loro
talento. Fallito pure il tentativo di tre anni dopo. E alla Roma arrivò Falcao

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Arthur Antunes Coimbra, in arte Zico, a cavallo degli anni Settanta e Ottanta era il più forte calciatore brasiliano. Nel pieno della maturità agonistica, in quel periodo duellava con l’astro nascente Maradona per la palma di miglior giocatore del mondo. Emblema del Flamengo, erede della maglia di Pelé in Nazionale, quando, nel 1980, in Italia si riaprirono le frontiere agli stranieri, attirò su di sé l’interesse di molte squadre della Serie A. Tra queste la Roma di Dino Viola, presidente che, rilevata la società appena un anno prima, aveva stilato un piano triennale per far uscire i giallorossi dalla prigionia di un sogno che nella Capitale si era realizzato solo una volta. E chi, meglio di Zico, avrebbe potuto guidare un’impresa così ambiziosa? Facile, quindi, capire i tentativi che Viola fece quell’anno per portare il brasiliano nella Città Eterna. Lo cercò, non potendo evitare che le trattative nascoste per acquistarlo scorgessero la luce nelle voci di mercato che solleticavano la fantasia dei tifosi a campionato concluso. A Roma, si diceva, arriverà un brasiliano fortissimo.

 

Sogno sfumato di Dino Viola

L’associazione d’idee è immediata: la gente sogna Zico, lo vede già con la maglia giallorossa addosso. Ma il Flamengo non vuole cederlo, anche se lui apprezzerebbe un’esperienza in Italia: il presidente dei rubro-negro non si siede nemmeno per ascoltare le proposte provenienti da Trigoria. La chiusura è netta: Viola lo capisce e vira su Falcao, lasciando inizialmente perplessa la piazza romana. Zico, però, rimane nella mente della dirigenza capitolina. Quel diniego così netto probabilmente non è andato giù al presidente, che nel 1983 torna a corteggiare il campione brasiliano con due assi nella manica che tre anni prima non poteva vantare: lo scudetto appena conquistato e Paulo Roberto Falcao, suo compagno in Nazionale. È alla sua voce che viene delegata la telefonata per convincere Zico ad accettare le lusinghe della Roma: il tricolore sul petto, una Coppa dei Campioni da conquistare, una tifoseria pronta a impazzire, un ingaggio da favola. Il secondo no che Viola deve digerire stavolta trova ragione in un contratto già firmato con l’Udinese che, sul tempo, ha anticipato tutti. Zico è un sogno che sfuma la seconda volta. Sarà re per due stagioni ma al confine con l’Austria, non sui sette Colli.

Come sarebbe stata una Roma con Zico e Falcao

  

Dopo quarant’anni non rimane che giocare con le porte girevoli della fantasia: cosa sarebbe stata la Roma con Zico? Forse, se l’avesse acquistato nel 1980 al posto di Falcao, avremmo visto una squadra più simile a quella che fu l’Udinese costruita da Dal Cin, pericolosa e capace di imprese estemporanee ma non immediatamente in grado di lottare per lo scudetto. La suggestione più grande rimane quella legata al secondo approccio: la Roma campione d’Italia, decisa a diventare protagonista in Europa, con il Galinho avrebbe aggiunto tasso tecnico, gol ed esperienza che le avrebbero consentito di essere ancora più vincente e di arricchire una bacheca che, ancora oggi, incastra tra i suoi ripiani un vuoto incolmabile.

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