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Prototipo del centrocampista totale, fu pagato da Boniperti uno sproposito, per l’epoca, tanto da meritarsi il titolo di “Mister miliardo”
Avrebbe di che essere orgoglioso, Edvard Munch, nell'apprendere che "L'urlo" del suo ciclo di dipinti è il secondo più celebre al mondo. Peraltro a togliergli il primato non è stato un altro pittore, nel Ventesimo Secolo, bensì uno che disegnava con i piedi, in senso buono, perché da ragazzino era destro, poi nell'adorazione di Gigi Riva trovò l'ispirazione per educare anche il sinistro, ancora senza sospettare che lo avrebbe elevato a gloria mondiale. Come Munch, per l'appunto, ma con Schumacher in porta. Agli esperti d'arte che stanno per ribattere che di "urli" Munch ne ha eseguiti più d'uno, rispondiamo che anche Marco Tardelli prima del momentaneo 2-0 (di sinistro) alla Germania, l'11 luglio del 1982, aveva esultato allo stesso modo, ma meno in favore di telecamera, per il gol contro l'Argentina, nel "gironcino" dei quarti di finale di Spagna '82 che ci vedeva spacciati in partenza contro Maradona e i brasiliani.
Marco Tardelli compie settant'anni il 24 settembre 2024, da Careggine, provincia di Lucca, all'ombra delle Alpi Apuane.
Dall'arte all'economia, in senso storico, fino a un'estate non casuale, da questo punto di vista, quella del 1975, al giro di boa della decade. Due nomi su tutti, da questo punto di vista, hanno spostato in avanti la portata economica e il sensazionalismo, per quanto riguarda i trasferimenti dei calciatori nel Belpaese. Il primo è quello di Beppe Savoldi, il secondo è proprio quello di Marco Tardelli, ventunenne centrocampista toscano per il quale, sulla scia della rivoluzione dell’Arancia meccanica olandese, si può tranquillamente adoperare l’aggettivo “totale”: corsa incessante, visione di gioco centrale e periferica, propensione naturale alla scelta di tempo negli inserimenti e uso egregio di entrambi i piedi. Un fulgido campionato di Serie B con il Como di Pippo Marchioro e, inevitabilmente, gli occhi delle big su di lui, per interesse diretto e per la frenesia, conseguente, di bruciare sul tempo la concorrenza delle grandi avversarie. Tra gli altri grandi dirigenti della Serie A, Tardelli ha stregato Giampiero Boniperti in persona. Contravvenendo alla proverbiale saggezza gestionale della Juventus, refrattaria allo stanziamento di cifre roboanti, Boniperti decide che il nome di Tardelli vale un esborso epocale, a suo modo storico per il massimo campionato italiano: l’offerta, irrinunciabile al punto tale da polverizzare qualsiasi precedente abbozzo di accordo con qualsivoglia concorrente, ammonta a 950 milioni di Lire. Più che giustificato, come il lettore potrà comprendere, quello che a livello di titoli e definizioni giornalistiche è un piccolo arrotondamento utile a significare il salto in avanti di tutta un’epoca, per il calciomercato: Tardelli diventa “Mister miliardo”, una definizione tanto impattante a livello di presa sulla massa degli appassionati quanto scandalosa per l’esercito dei benpensanti.
Da quel momento in poi, la storia dice, per Tardelli di bianconero vestito: cinque scudetti tra il 1977 e il 1984; due Coppa Italia e tutte e tre le Coppe europee dell'epoca, dalla UEFA del '77 alla (tragica) Coppa dei Campioni vinta nel 1985 all'Heysel, con in mezzo la Coppa delle Coppe del 1984. Dopo 379 presenze bagnate da 52 reti a Torino, un decoroso biennio all'Inter dal 1985 al 1987, prima di chiudere al San Gallo in Svizzera.
In maglia azzurra, per le statistiche, 81 presenze con 6 gol, da un'Italia - Portogallo del 7 aprile 1976 a Torino a Italia - Norvegia del 25 settembre 1985. Per l'immaginario popolare, la cultura e diremmo anche la sociologia di un Paese che ancora sapeva scoprirsi orgoglioso di sé, l'Italia di Tardelli è quella dell'Urlo, lo sa anche Munch.
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