Alessandro Del Piero, l'unicità di un fuoriclasse

Alessandro Del Piero, l'unicità di un fuoriclasse

 
Bandiera della Juventus, con cui ha vinto tutto da protagonista, a lungo è stato un calciatore dominante a livello mondiale. Tra gli alti e bassi con la nazionale, il giusto premio del mondiale 2006

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Oggi si parla così spesso di predestinati che ci si dimentica quanto questa parola in passato valesse davvero. Decisivo fin da subito Alessandro Del Piero, ora splendido cinquantenne ma per noi sempre giovane, bandiera della Juventus e calciatore unico nel suo genere.
Maglia numero 10, classe da numero 10, colpi anche da centravanti, per un paio di stagioni una sequenza di gesti tecnici di pura onnipotenza, il "gol dalla Del Piero", destro al giro sul palo lontano, imparabile.
Nell'élite dell'élite, Alex, con la sua linguaccia dopo ogni rete (o quasi), copiata anche da chi sta cercando faticosamente, colpi e numero di maglia inclusi, di replicarne le gesta alla Juventus, come Kenan Yildiz.

Del Piero "Pinturicchio"

Come ci si sente a 22 anni dopo aver già vinto tutto con un club? Perché questo è ciò che succede ad Alessandro Del Piero nel dicembre 1996, quando non solo vince, ma la decide pure con un gol complicatissimo, la Coppa Intercontinentale contro il River Plate.
Nel giro di pochi mesi però ha messo in tasca la Champions League, la Supercoppa Europea e tutto quello che c'è in palio in Italia, a cominciare dallo scudetto nel 1995 per poi passare alla Coppa nazionale.
Del Piero è un calciatore speciale, c'è poco da fare. La Juventus è andata a pescarlo al Padova, in Serie B, quando è poco più che maggiorenne. Ha una tecnica individuale fuori scala, è uno di quelli di cui stilisticamente ti innamori da subito.
Una bellezza magari complessa, non immediata, ma raffinata: anche per questo motivo Gianni Agnelli, "L'Avvocato", che della Juventus non è stato solo dirigente ma anche tifoso, lo avrebbe ribattezzato Pinturicchio, artista rinascimentale ma non uno di quelli riconoscibili al primo impatto. A differenza di Roberto Baggio, "Raffaello".

Il dualismo con Roberto Baggio

Ecco, Roberto Baggio. Nel momento in cui Del Piero veste bianconero il giocatore-simbolo è il fuoriclasse di Caldogno, Pallone d'Oro e immagine stessa del calcio italiano. Possono giocare assieme? Forse sì, forse no.
Quella Juventus ha anche Vialli e Ravanelli, come si fa a scalare le gerarchie? Ci vorrebbe forse un allenatore spregiudicato ma convinto nei propri mezzi, tipo Marcello Lippi, che nel 1994 opta per una mezza rivoluzione: tre attaccanti in campo, a sacrificarsi anche in fase difensiva, e piano piano l'accantonamento di Baggio in favore di Del Piero, più giovane, più fresco, più predisposto a soffrire, chissà.
Il gol che Alex segna alla Fiorentina, un esterno destro al volo su lancio dalla fascia sinistra che vale il 3-2 in rimonta dopo che i viola erano andati 0-2, è probabilmente il momento (4 dicembre 1994) in cui tutto il mondo si rende conto delle qualità di questo ragazzo di vent'anni che gioca come un veterano e ha colpi da genio assoluto.
Ma che cos'è Del Piero? Un attaccante? Un fantasista? Tutti e due probabilmente, ed è questo a renderlo unico da un lato e di difficile collocazione tattica in certi contesti, tipo la nazionale.
Nel 1996 però la Juventus è campione d'Europa e del mondo, Alex la stella più luminosa, il futuro tutto da scrivere. Maglia numero 10, Baggio è stato ceduto al Milan, Vialli al Chelsea, Ravanelli al Middlesbrough: piazza pulita intorno a lui, ma perché ormai è il leader.
Anche quando i bianconeri perdono la finale di Champions contro il Borussia Dortmund nel 1997 il suo gol di tacco per il provvisorio 1-2 è ancora oggi uno dei più belli di sempre della competizione.

Dall'onnipotenza al crac

Poi arriva la stagione 1997-98, in cui Del Piero tocca vertici di onnipotenza tecnica assoluta, segnando 32 gol di cui alcuni senza senso. Del resto Alex è completamente ambidestro, su punizione è una sentenza, su rigore idem: e le reti "alla Del Piero", ormai sono un marchio di fabbrica.
Sembra davvero tutto apparecchiato per il tripudio personale e della Juventus, poi qualcosa si rompe, fisicamente e non. Durante la finale di Champions League contro il Real Madrid ha un problema muscolare che oltre a costringerlo ad essere meno incisivo (e i bianconeri perdono 1-0) lo rendono un'arma senza potenza in vista di quello che dovrebbe essere il suo mondiale, a Francia 1998.
Di più, in quel torneo è Roberto Baggio, ancora lui, a "mangiarlo" psicologicamente, ma Cesare Maldini non se la sente di far giocare Roby e Alex assieme, con Vieri centravanti intoccabile. L'estate più triste della sua vita, forse, che ha la sua appendice l'8 novembre 1998 a Udine quando all'ultimo minuto della partita contro l'Udinese si rompe il legamento crociato del ginocchio sinistro, tentando una conclusione a rete.
Da lì in avanti Del Piero sarà un calciatore diverso, giocherà più vicino alla porta rispetto che in passato, pur mantenendo un rendimento eccezionale, ma senza più toccare i livelli, appunto, di onnipotenza tecnica del 1997-98. Intanto però è diventato capitano della Juventus, cosa che sarà fino alla fine della sua esperienza in bianconero, nel 2012.

Il meritato mondiale del 2006

Campionissimo e vincente di tutto, Del Piero ha sempre dovuto dimostrare qualcosa in più rispetto agli altri per ricordare che, insomma, lui c'era sempre e non era proprio l'ultimo della fila. Specie con la nazionale italiana.
Vero è che nel 2000, ad esempio, all'Europeo si mangia due gol clamorosi nella finale contro la Francia, prima della rimonta vincente dei transalpini. Ma pochi ricordano che quattro anni prima, quando era in una forma clamorosa, in un altro Europeo venne utilizzato malamente da Arrigo Sacchi: 45 minuti da esterno sinistro contro la Russia, nel 4-4-2, e poi solo panchina, mentre gli Azzurri venivano eliminati subito.
Nel 2002 e nel 2004 la stella della nazionale italiana è Francesco Totti, Alex si arrangia anche in fase di copertura, ma non ha più l'esplosività della gioventù, non è più un attaccante totale.
Una stella che sembra spegnersi, fino al 2006, quando proprio con Marcello Lippi, entrando prevalentemente dalla panchina, è uno dei protagonisti del mondiale vinto dai nostri. Con quel gol, il 2-0 alla Germania in semifinale, replica "2.0" di un gol alla Del Piero, destro a incrociare sul secondo palo, ma in corsa, al culmine di un contropiede perfetto.
Non gli rimarrà che la fedeltà assoluta alla Juventus, anche in Serie B, trovando a fine carriera altri due scudetti con Antonio Conte in panchina (saranno 6 in totale). Una grande dignità, che rendono Alessandro Del Piero un giocatore speciale, unico nel suo genere.

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