Oddo: Sognavo di tirare anch’io un rigore

Oddo: Sognavo di tirare anch’io un rigore

L’ex terzino di Lazio e Milan ricorda la finalissima del 2006, Italia-Francia : «Bleus battuti con merito, speravo di essere decisivo»

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«Avere ricordi limpidi di quella sfida con la Francia non è assolutamente facile: per quello che ha rappresentato quella finale, per la tensione che ha accompagnato la vigilia e per i festeggiamenti che ci sono stati dopo. Noi eravamo lontani dall’Italia, potevamo solo immaginare quello che stava succedendo nel nostro Paese. A distanza di qualche giorno però abbiamo capito tutto». Massimo Oddo è uno degli eroi che nell’estate del 2006 ha partecipato alla conquista di un sogno: la vittoria del Mondiale in Germania. Gli azzurri, guidati da Marcello Lippi, hanno alzato al cielo la Coppa del Mondo dopo aver sconfitto in finale la Francia di Zinedine Zidane, al termine di una lunga battaglia conclusa ai calci di rigore. Massimo Oddo, a distanza di diciotto anni, ricorda ogni singolo momento di quei giorni. «Il primo ricordo è legato alla vigilia. Eravamo al campo di allenamento e arrivarono il Presidente della Repubblica e il Ministro dello Sport. Ci parlarono, ci diedero l’in bocca al lupo. Noi vivevamo l’attesa in modo del tutto diverso rispetto a quello che accade oggi. Calcolate solo un piccolo particolare: non esistevano i social network. Noi avevamo solo la tv che ci ricordava l’importanza di quella sfida. E forse, sotto un certo punto di vista, è stato meglio così». 

Della partita, cosa ricorda prevalentemente? 
«Ricordo il riscaldamento, la carica di tutto il gruppo, l’entrata in campo, i primi minuti in cui andammo subito sotto, e poi il gol del pareggio di Materazzi. Ogni singolo momento della gara è legato ad un ricordo particolare. Io ero in panchina, ma è stata una sofferenza incredibile, fino all’esplosione di gioia finale». 

C’è un ricordo particolare legato ai calci di rigore? 
«Io mi stavo scaldando, come altri componenti della panchina, e ti dico la verità: in cuor mio speravo che il mister mi facesse entrare per battere uno dei tiri dal dischetto. Io ero un rigorista, nella Lazio non avevo praticamente mai sbagliato e speravo che potesse toccare anche a me. Anche perché in campo, di rigoristi veri non ce n’erano tanti. Pirlo e Del Piero li tiravano, Grosso non era un rigorista, De Rossi ne aveva calciati pochissimi, visto che nella Roma li calciava Totti, Materazzi li batteva, ma non era uno specialista: nell’Inter non toccava sempre a lui». 

L’Italia però è stata super precisa. 
«Cinque su cinque dal dischetto. Una media fantastica: e poi tutti battuti benissimo. Imparabili per il loro portiere. L’ultimo rigore lo ricordo con ansia, ma poi con l’esplosione finale di tutta la nostra squadra e della parte dello stadio che era dedicato agli italiani». 

Quando ha sbagliato Trezeguet ha avuto paura della tradizione, generalmente favorevole a chi fallisce il primo penalty? 
«La conosco questa regola non scritta. Diciamo che se fossi stato in tribuna o sul divano, davanti alla tv, forse ci avrei pensato. In campo ho solo fatto due conti e ho capito che eravamo più vicini alla Coppa del Mondo». 

Il rapporto di Massimo Oddo con la Nazionale? 
«Vincere un campionato del mondo è uno dei momenti più alti della carriera di un giocatore. Ed è un qualcosa che mi ricorderò per sempre, anche se in quel Mondiale ho giocato solo una partita. Ho collezionato 34 presenze in azzurro e altrettante convocazioni. Io giocavo in un momento storico nel quale c’erano terzini del calibro di Zambrotta, Panucci, Pancaro, Negro. Spesso mi capitava di essere convocato e di non avere una grande continuità. Il periodo in cui ho giocato di più è stato con Donadoni: ero diventato titolare, ma poi mi infortunai e non sono riuscito a prendere parte all’Europeo». 

Con la maglia azzurra ha segnato un gol.
«Allo stadio Olimpico, nello stadio in cui giocavo ogni domenica con la Lazio e sotto la Curva Nord. Era una sfida decisiva con l’Ucraina e a metà del secondo tempo eravamo ancora fermi sullo 0-0. Ci venne assegnato un rigore e ricordo che io andai con naturalezza sul dischetto. Non so se ero io il rigorista designato e in campo quel giorno ce n’erano tanti di rigoristi. Ma mi lasciarono fare: e andò bene. Ricordo un’emozione grandissima. Gol con la maglia dell’Italia, nel mio stadio e sotto la Curva dove ogni domenica c’era tanta gente che cantava per me. Il massimo». 

La Nazionale cosa ha rappresentato per Massimo Oddo? 
«Un motivo di massimo orgoglio. Rappresenti la tua nazione, senti che tutta l’Italia tifa per te, anche i tifosi degli altri club. È una grandissima responsabilità che ti porti dietro». 

C’è un rammarico, legato all’esperienza azzurra, che si trascina dietro? 
«Come fai ad avere un rammarico quando vinci un Mondiale? Diciamo che se avessi fatto qualche presenza in più, sicuramente ne sarei stato gratificato, ma va benissimo così. Se devo trovare un motivo di insoddisfazione, è legato all’Europeo che ho dovuto saltare per infortunio. Feci da titolare tutte le gare di qualificazione: sarebbe stato il mio Europeo. Ma diciamo che alla fine ci possiamo accontentare».

Alla vigilia di quella finale i pronostici sembravano tutti propendere verso la Francia.
«Assolutamente sì. Noi avevamo due convinzioni: che la Francia era più forte di noi, anche se di poco, perché la nostra era una signora Nazionale, e che allo stesso tempo eravamo in uno stato di grazia psicofisica che avremmo potuto battere chiunque. E poi siamo scesi in campo con una grande umiltà, che ci ha dato più forza ed energia. Quando è iniziata la partita ci siamo resi conto che non eravamo inferiori a nessuno». 

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