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Erano le squadre di Ferlaino e Viola: con i loro investimenti riuscirono a sfidare le grandi e a sovvertire le gerarchie del calcio italiano
Napoli-Roma, derby del sud. Per altri, derby del sole. Comunque partita sentita dalle tifoserie di due città che col calcio vivono in simbiosi 365 giorni l’anno. Soprattutto, intreccio di avvenimenti capaci di raccontare la storia, non solo sportiva, di una parte del Paese che nelle vicende pallonare ha dato spazio al respiro più ampio di aspirazioni altrimenti frustrate dalla vita di tutti i giorni. Come negli anni Ottanta, quando azzurri e giallorossi incrociavano le loro strade e i tifosi davano vita a uno spettacolo sugli spalti che ogni servizio di Novantesimo Minuto e della Domenica Sportiva non si stancava di magnificare: quello del gemellaggio. Bandiere e sciarpe mischiati nei settori “neutrali” dello stadio, scambio di cori di amicizia da una curva all’altra, giri di campo con baratto di vessilli e fiori tra capi ultras: nella prima metà di quel decennio, Napoli-Roma era anche questo. La possibilità, in anni in cui la violenza all’interno degli stadi faceva sentire la sua presenza, di andare a vedere una partita con la famiglia in un clima rilassato. Carovane di pullman e auto scorrevano sui rettilinei dell’autostrada agghindate con bandiere che donavano colore al grigio dell’asfalto. Pasta fredda, panini e magari una pastiera avvolti nella carta argentata si consumavano insieme al vicino, col quale occasionalmente si scambiavano due chiacchiere durante le ore di attesa che separavano l’ingresso dall’inizio della partita, in tempi in cui il posto numerato era un concetto che ancora non trovava applicazione. Gli adolescenti riempivano quei momenti dilatati immaginandosi nel loro futuro, ascoltando con i walkman la musica dei grandi gruppi rock che si andavano sciogliendo e delle nuove band pronte a raccoglierne il diritto di dare voce alle loro emozioni.
Quegli anni Ottanta raccontano la nascita di due realtà fino a quel momento incapaci di rappresentarsi nell’élite del calcio italiano. Sono guidate da due presidenti che coltivano l’ambizione di sovvertire le gerarchie imposte dalle grandi squadre del nord, soprattutto la Juventus degli Agnelli, che da una decina d’anni a quella parte ha imposto la sua egemonia anche sulle milanesi, rimaste legate agli splendori degli anni Sessanta. Forse, non a caso, sono entrambi ingegneri, capaci di alimentare visioni di grandezza da costruire con tenacia quotidiana. Dino Viola e Corrado Ferlaino resteranno nella storia di Roma e Napoli come i presidenti in grado di portare lo scudetto in due realtà nelle quali l’impresa ha un peso specifico decisamente superiore a quello di quei club capaci di vincerne in serie.
Giallorossi e azzurri ci provarono già nella stagione 1980-81, la prima che riaprì le porte della Serie A agli stranieri. Un’annata vissuta ai vertici, nella quale Napoli-Roma, giocata alla quinta giornata, dette ai partenopei la convinzione di poter competere ai massimi livelli. Il 4-0 finale inflitto ai capitolini, scesi al San Paolo da primi in classifica, certificò le qualità di Krol e compagni, capaci di rimanere in scia a Juventus e Roma fino al termine della stagione.
Anche due anni più tardi Napoli-Roma cadde alla quinta giornata di campionato. In quel frangente furono gli uomini di Liedholm ad avere la meglio grazie a un perentorio 1-3 che ruppe una tradizione negativa che, per i giallorossi, durava da ben 11 anni. Un risultato al quale dette non poco peso il tecnico svedese, attento osservatore dei segni legati a magia e superstizione. Quella vittoria costituiva una prova di forza, un episodio importante nella crescita di consapevolezza della squadra che, sette mesi più tardi, avrebbe celebrato il secondo scudetto della sua storia.
A metà decennio, il mondo della musica cambia: nuove stelle del pop conquistano le chart internazionali e anche Napoli e Roma iniziano un percorso di rinnovamento che, idealmente, coincide con il match del 16 dicembre 1984, vinto dai giallorossi (1-2). È la prima volta di Maradona contro la squadra della Capitale, l’ultima di Falcão nel campionato italiano. Un addio suggellato dal primo gol della partita, ovviamente l’ultimo del brasiliano in Italia. I protagonisti stanno per cambiare, come i rapporti di forza tra i due club e le tifoserie, che romperanno il gemellaggio. Nel 1987 il Napoli vince il suo primo scudetto, mentre la Roma abbassa gradualmente il suo livello di competitività. Sic transit gloria mundi.
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