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Era il 24 dicembre 1950 e la sfida tra orobici e rossoneri finì 4-7: tra i mattatori Hansen, Liedholm e Nordhal
Sul golfo di Botnia, a Hörnefors nella contea di Västerbotten, le temperature possono essere freddissime. “Se vuoi scaldarti, continua a calciare molto forte” pare dicesse papà Nordahl a suo figlio Gunnar. E bordata dopo bordata il ragazzino sviluppa due cosce da ciclista che nel 1949 gli permettono di passare al Milan, diventando il primo calciatore professionista dell'intera Svezia.
Il 24 dicembre 1950 – a poco meno di due anni dalla sua prima partita in Italia – pure a Bergamo, ridente cittadina circondata dalle Alpi Orobiche, fa maledettamente freddo, ma Gunnar e i suoi compagni in maglia rossonera sono nella “pienezza della forma”. Nella sfida della vigilia di Natale affronteranno l'Atalanta, guidata in difesa da suo fratello maggiore Bertil.
In una serie A in cui si segna tantissimo, con le prime tre – in ordine, Inter, Milan e Juventus – che tengono una media di tre gol a partita, Nordahl e compagni sono i più prolifici. Tuttavia, campionato e classifica dei marcatori sono entrambi in mano interista: il Milan insegue a meno uno e con quindici gol in quindici partite, due reti più del “pompierone” svedese, il capocannoniere è la mezzala olandese Faas Wilkes.
“Quelli dell'Atalanta non sono giocatori di calcio, sono diavoli scatenati” pare si confidino i tifosi milanisti nella settimana precedente l'incontro, sedicesima giornata di un torneo a venti squadre che pure all'epoca non si fermava mai, con partite il 31 dicembre e il giorno dopo l'Epifania.
Due settimane prima, tra le mura amiche dello stadio Comunale, i bergamaschi avevano fermato sul 3-3 l'inarrestabile Inter – c'erano pure su Skoglund, Nyers e Lorenzi – spaventando il Milan che si era avvicinato alla sfida con “assenza completa di spavalderia”.
Se puoi contare su un centravanti poderoso come Nordahl, supportato dal fosforo e dal talento dei connazionali Liedholm e Gren, gli altri due astri del Gre-No-Li, e dal dinamismo del milanesissimo Carletto Annovazzi, qualcosa di buono esce sempre fuori, ma le peggiori insidie si presentano quando si abbassa la guardia. L'Atalanta, dopotutto, quando sfida Juve, Inter e Milan “sprigiona una forza misteriosa” e poi è caduta tanta di quella neve...
“A Bergamo si giocherà su un terreno pesantissimo” titola il “Corriere della Sera”. In un'Italia funestata dal maltempo, con le partite di Torino e Busto Arsizio sospese per l'impraticabilità dei campi, si teme anche per la sfida del Comunale. Durante la notte e in mattinata ha piovuto a dirotto e la coltre bianca che ricopriva il terreno di gioco si è sciolta in favore di una poltiglia marrone che ingoierà pallone e scarpette, mettendo a dura l'equilibrio dei protagonisti. Per fortuna ci sono ben sei calciatori scandinavi, abituati a climi ben più rigidi e pronti ad assicurare spettacolo.
Gli agonisti atalantini potrebbero essere avvantaggiati rispetto ai più talentuosi milanisti, ma dalla foschia lattiginosa che ammanta ogni cosa esce fuori un incontro di pugilato a chi colpisce più duro.
Se a San Siro l'Inter “piega ma non domina una Lucchese svelta e pugnace”, il Milan assesta due cazzottoni in pieno volto ai rivali ogni volta che quelli tentano di rimettersi in gara.
Tre minuti ed è già 0-1: Gunnar sfugge alla “severa marcatura” di Bertil e al momento di calciare si ritrova piede e pallone impantanati, spingendo l'arbitro ad assegnare un rigore dubbio. Dagli undici metri, Annovazzi spiazza il portiere atalantino, ma il pareggio del danese Svend Jørgen Hansen è immediato e al nono siamo sull'1-1.
Altri due minuti d'attesa e una difesa atalantina allegra permette a Liedholm di scartare il portiere e depositare in rete, quindi al “pompierone” di segnare l'1-3 appena sessanta secondi prima che Hansen riporti di nuovo sotto l'Atalanta. Sugli spalti si vedono solo ombrelli ma in un quarto d'ora sono già piovuti cinque gol e le squadre promettono di non fermarsi: per rientrare a casa c'è tempo. Gren colpisce il palo, poi un minuto prima del riposo Renzo Burini con un gran tiro mette fine alla prima frazione sul risultato di 2-4. I diavoli scatenati sono senza dubbio i milanisti.
Nemmeno il tempo di acclimatarsi al gelo dopo il piacevole tepore del tè caldo e al 50esimo il numero undici Mario Renosto segna il quinto gol rossonero, cinque minuti prima che su iniziativa dell'altro danese Sørensen un'autorete di Silvestri tenga l'Atalanta aggrappata alla gara. Siamo 3-5.
Bertil tratta Gunnar come un “sacco di stracci” riempiendolo di calcioni, spinte e strattoni – in un'occasione buttandolo addirittura “a bocca spalancata in una pozzanghera” – ma da buon fratellino minore quello incassa e al 57esimo si vendica con la doppietta: cavalcata implacabile e botta di destro ideale per combattere i geloni.
Il secondo gol di Burini al termine di “un'inarrestabile serpentina” e il rigore di Sørensen, servono solo a dare agli spettatori ulteriori occasioni per accalorarsi: finisce 4-7.
Nella stagione 1950-51, già il 24 settembre una gara del Milan si era conclusa con undici gol totali, un 9-2 al Novara, e a fine campionato i rossoneri conteranno la bellezza di centosette gol, gli stessi dell'Inter che tuttavia finirà seconda, cinquantanove punti a sessanta.
Ancora oggi Nordahl è il giocatore con più marcature nella storia del Milan e il suo record di trentacinque reti in un campionato, ottenuto anche grazie alla doppietta all'Atalanta, resisterà fino al 2015-16, quando prima Higuain e poi Immobile nel 2019-20 lo supereranno di una lunghezza.
Le avesse giocate tutte in giornate gelide, come quel 24 dicembre a Bergamo, forse nessuno gli sarebbe mai finito davanti: “Se vuoi scaldarti, continua a calciare molto forte”.
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