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In epoche diverse, è stato giocatore giallorosso e storico allenatore degli emiliani con cui ha conquistato molti trofei
Due trampolini, due epoche diverse. Prima con la Roma da giocatore e poi al Parma da allenatore. Nevio Scala è un doppio ex. Prima la vita da mediano, poi quella di tecnico rivoluzionario, che lo ha portato a vincere in Italia ma anche all’estero.
Era biondo, forte e di prospettiva. Ma troppo acerbo per giocare con la maglia del Milan, la squadra dove era cresciuto partendo dal settore giovanile. Senza esperienza, all’età di 18 anni viene spedito in prestito alla Roma. Insomma, era poco più che un bambino. Eppure riesce a imporsi in giallorosso, dove resta una sola stagione prima di rientrare alla base. Fu proprio con la Roma di capitan Losi che fece il suo esordio in Serie A, in una partita contro il Brescia vinta per 1-0 grazie al gol di Tamborini. La sua presenza in campo era caratterizzata da un’energia instancabile e un’etica lavorativa che lo rendeva un elemento prezioso nel centrocampo di Pugliese, l’allenatore dell’epoca. Si integrò rapidamente nella squadra, guadagnandosi il rispetto tanto dei compagni di squadra quanto dei tifosi. Sebbene la Roma di quell’anno non abbia raggiunto risultati eccezionali, concludendo il campionato a metà classifica, Scala dimostrò di essere un giocatore capace di portare equilibrio e sostanza.
Una data importante fu il 9 ottobre 1966, quando segnò il suo primo e unico gol con la maglia giallorossa. Lo realizzò nella ripresa nonostante l’infortunio muscolare patito nel corso del primo tempo, tanto che si spostò sulla fascia. La partita fu contro il Vicenza, giocata al Romeo Menti, e il gol arrivò a metà della ripresa. Con un’azione che partì da un passaggio di Peiró, Scala ricevette la palla, controllò e calciò un diagonale rasoterra che batté il portiere avversario, regalando alla Roma una vittoria preziosa. Questa partita fu significativa non solo per il gol, ma anche per essere stata la prima vittoria esterna della stagione per la squadra capitolina. “Sensibile a metà campo appoggia a Peiró, Gioacchino si infiamma e scatta come un tric trac. Scala, zoppo sulla sinistra, è rapito, elettrizzato, catapultato dal presentimento del gol. Peiró gli ‘taglia’ alla perfezione la palla, affondandola nell’area vicentina e Scala arriva come una folgore: stop, controllo e, sulla vana uscita del portiere, diagonale rasoterra nell’angolo opposto”, l’azione riportata sul Corriere dello Sport. Anni dopo, in un’intervista, Scala ha ricordato con affetto quel periodo (28 presenze condite dal gol al Vicenza), evidenziando come l’esperienza alla Roma avesse arricchito la sua carriera e la sua comprensione del calcio a livello globale. Del resto, giocò partite di spessore anche contro la corazzata Juventus e il suo Milan, senza tirarsi indietro.
Il Parma non aveva una storia calcistica. Era reduce da un campionato cadetto chiuso al nono posto insieme al Licata quando Scala viene chiamato per guidare i ducali. Siamo nell’estate 1989. Nella sua prima stagione, l’allenatore riesce a portare la squadra dalla Serie B alla Serie A, un traguardo speciale per il club. Ma è solo l’inizio. Anzi, quasi nulla. Il suo schema di riferimento è un 5-3-2 che, in fase offensiva, diventa subito un 3-5-2. Con lui il Parma dà spettacolo, vince e alza trofei: per la precisione Coppa Italia, Coppa delle Coppe, Supercoppa europea e Coppa Uefa. La bacheca si riempie anno dopo anno. Il Parma non è più una Cenerentola. All’inizio degli anni ’90 c’è una formazione che include qualche stella: da Taffarel a Benarrivo e Di Chiara; da Minotti ad Apolloni e Grun; da Melli a Zoratto, fino a Osio, Cuoghi e Brolin. Nel corso delle stagioni arrivano in Emilia tanti campioni: vedi per esempio Zola, Dino Baggio, Couto e Asprilla, così come Cannavaro, Stoichkov, Sensini e Inzaghi, giusto per citare alcuni nomi della lunga lista. Il Tardini non è più terra di conquista, ma un fortino praticamente inespugnabile. In tutto ciò Scala si prende anche la responsabilità di far esordire Buffon in porta nonostante la giovane età dell’estremo difensore.
«Ho rischiato di essere mandato a casa per far debuttare un ragazzino di 17 anni contro il Milan», ha poi detto l’allenatore ricordando quel momento. Si era infortunato il portiere titolare, Luca Bucci, e c’era Alessandro Nista come prima riserva. Scala però si innamorò subito di Gigi e lo lanciò dal primo minuto in una partita difficilissima.
L’intuizione? A metà settimana. «Il mercoledì e il giovedì lo bombardiamo: tiri in porta, esercitazioni, ma nessuno gli fa gol…». Scala lascia il Parma nel 1996, dopo aver creato una squadra che ha segnato un’epoca nel calcio italiano e internazionale. Nonostante non abbia vinto lo scudetto, il suo contributo è stato fondamentale nel trasformare il Parma da una realtà di provincia in una potenza europea.
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