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Vigilia di Natale con festa doppia per l’ex centravanti di Lazio e Juventus che compie 50 anni
Almeno una decina di anni prima di Cavani, nel campionato italiano impazzava già un “Matador”: con i suoi gol, la sua classe innata, il suo spirito battagliero e quell'esultanza tanto particolare quanto coinvolgente, riuscì ad entrare nei cuori dei tifosi della Lazio e a sfiorare quelli della Juventus. Il suo nome era Marcelo Salas, il suo marchio di fabbrica erano i gol che riusciva a realizzare con regolarità ed efficacia.
Uno degli attaccanti più forti che hanno calcato i campi della serie A tra la fine degli anni novanta e i primi duemila: un giocatore completo, in grado di fare reparto da solo (è stato utilizzato spesso come punta centrale) e di affiancarsi ad altri bomber: nella Lazio ha dato spettacolo al fianco di Cristian Vieri (nella stagione in cui i biancocelesti sfiorarono il titolo), e dei vari Inzaghi, Boksic e Mancini nell'anno successivo. Ha fatto impazzire il pubblico della Lazio, che cantava con orgoglio il suo nome in tutti gli stadi d'Italia: “Che ce famo con Ronaldo noi c'avemo il Matador”, è il coro che la Curva Nord cantava con rabbia e orgoglio ogni volta che segnava una rete o che si metteva in evidenza: a lui sono stati dedicati brani musicali e stendardi (quello con la scritta “Vamos a Matar, accompagnato dalla sua maglia numero nove, è stato issato in tutti gli impianti italiani ed europei che hanno visto scendere in campo i biancocelesti). Ha deciso la finale della Supercoppa Europea con il Manchester United grazie ad una prodezza straordinaria: un tiro di sinistro dopo un controllo di petto volante successivo ad un assist di Roberto Mancini.
Ha segnato gol decisivi e di bellezza rara: mise in ginocchio la Juventus a Torino con un numero d'alta scuola: controllo di petto su un cross di Conceicao, tocco di sinistro a superare Iuliano e poi, con lo stesso piede, la deviazione vincente per beffare il portiere De Sanctis in uscita: tutto in pochi centesimi di secondo e in un fazzoletto di campo. Forse una delle prodezze più belle da calciatore della Lazio. Nel primo anno, che ha chiuso con la vittoria della Supercoppa Italiana e della Coppa delle Coppe, ha segnato 24 reti, nel secondo ne ha messi a segno sedici. Alcuni decisivi per la conquista dello scudetto. Nella sua bacheca personale ci sono nove campionati: quattro in Argentina con il River Plate, due in Cile con l'Universidad, uno con la Lazio e due con la Juventus. Anche se a Torino, a causa di un gravissimo infortunio ha giocato pochissimo. Nel nostro Paese ha vinto anche una Coppa Italia (con la Lazio) e tre Supercoppe italiane: due con i biancocelesti e una con i bianconeri.
Ma il capolavoro più grande della sua carriera lo ha realizzato con la maglia della nazionale. In Cile Marcelo Salas è considerato una sorta di divinità: Ha segnato 37 gol in 70 partite, trascinando i suoi al successo sul campo dell'Inghilterra in una storica partita disputata a Wembley. Nei Mondiali del 1998 ha messo a segno quattro reti: due all'esordio contro l'Italia di Cesare Maldini: memorabile un suo stacco aereo su Fabio Cannavaro. Nonostante non fosse altissimo, ha segnato tantissimi gol sfruttando la sua elevazione. Con la Lazio ne realizzò uno bellissimo contro il Milan, in una delle gare più emozionanti della stagione 99-00 e che si chiuse sul 4-4.
Il giorno in cui Sergio Cragnotti, ex presidente della Lazio, lo presentò alla stampa e ai tifosi, la capitale venne assaltata da una lunga serie di cronisti, arrivati da ogni parte del mondo. Tutti per vedere da vicino quel piccolo, grande centravanti, che solo l'anno prima aveva vinto il Pallone d'Oro sudamericano.
Ha lasciato la capitale l'estate del 2001 dopo aver vinto sei titoli, e si è trasferito alla Juventus. Poi, il ritorno al River Plate e all'Universidad del Cile: un cerchio che si è chiuso, un tuffo nel passato che gli ha consentito di chiudere la sua carriera avendo indossato solo quattro maglie. Squadre alle quali è rimasto fortemente legato e con le quali si è tolto soddisfazioni straordinarie. Ovunque sia andato, ha vinto e lasciato il segno, realizzando gol meravigliosi e contribuendo in modo significativo ai successivi dei club. Oggi compie mezzo secolo: anni di corse, inchini, gol e spettacolo: nel segno del primo, vero Matador!
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