Marco Branca, il cigno di Grosseto

Marco Branca, il cigno di Grosseto

Tante esperienze in Italia e una non troppo fortunata in Inghileterra per l'ex attaccante e dirigente che il 6 gennaio 2025 compie 60 anni 

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“Sembra che l'Inter abbia una malattia che non riesce a togliersi di dosso. È l'idea che le cose non possano che andare male” ha spiegato il neo presidente Massimo Moratti a ottobre 1995 dopo un inizio di stagione catastrofico con Ottavio Bianchi in panchina: due sconfitte, una vittoria e un pareggio in quattro gare. In estate sono arrivati Roberto Carlos, Ince, Ganz, Fresi, Benito Carbone, Centofanti e due giovani argentini, il fenomenale Sebastián Rambert e il misconosciuto Javier Zanetti, ma a parte un estemporaneo 4-0 al Torino l'Inter non segna e non vince. Dopo undici giornate i nerazzurri sono undicesimi a undici punti, con un bottino di appena nove gol all'attivo. Nemmeno il nuovo tecnico Roy Hodgson ha saputo imprimere una svolta.

Per il 1997 i giornali dicono sia stato opzionato un certo Luís Nazário de Lima, in arte Ronaldo, stellina del PSV Eindhoven, ma per raddrizzare una stagione nata storta urgono immediati investimenti alla voce “bomber”. Nella finestra di mercato di novembre arriva dal Brasile un altro presunto fenomeno di vent'anni, il suo nome è Caio Ribeiro Decoussau, miglior giocatore del Mondiale Under-20. Chi non lo ricorda non se ne faccia una colpa, in due stagioni in A tra Milano e Napoli è rimasto a quota zero gol.

Nonostante sia costato parecchio, Caio come El Avioncito Rambert non sembra pronto all'uso, per cui Moratti accetta di mettere di nuovo mano al portafoglio e puntare sull'usato garantito. Serve un attaccante che garantisca qualche gol da subito: il sogno proibito è Cantona, l'opzione più allettante Casiraghi, ma arriva Marco Branca.

La chance della vita 

Per il centravanti toscano di scuola Cagliari sembra l'ultima grande occasione in carriera dopo un deludente inizio di stagione in una Roma confusa e confusionaria, in cui Mazzone non è riuscito a farlo coesistere con Balbo, Fonseca e “il ragazzino” Francesco Totti. Se la giocherà benissimo e in cambio i giallorossi avranno l'eroe di tanti derby, Marco Delvecchio. Tutti contenti.

Il 27 novembre 1994 a San Siro, con indosso la maglia del Parma, Branca aveva superato con una superba rovesciata Gianluca Pagliuca, futuro compagno all'Inter con cui ha condiviso pure la gioia dello Scudetto 1991 della Sampdoria. Quella bicicletta spettacolare sembrava solo l'ennesima perla estemporanea di un grande irrisolto, ma il Branca versione 1995-96 è un giocatore che a pochi mesi dal trentunesimo compleanno, lo festeggia il 6 gennaio, sembra aver raggiunto vette mai esplorate.

A Parma ha vinto la Coppa Uefa, perso in finale la Coppa Italia e lottato sino alla fine per lo Scudetto, ma era un comprimario. Così come a Genova, dove era la riserva di Vialli e Mancini. All'Inter è finalmente il primattore, come prima di allora è capitato in massima serie solo con l'Udinese, con la quale ha segnato alla Fiorentina il 10 gennaio 1993 quello che a lungo è stato il gol più veloce della A, in 9 secondi e 48 centesimi.

“Branca, Branca, Branca... leon, leon, leon” lo invoca la Nord concludendo un fischio di gruppo, imitando la sigla di un film del 1966 di Mario Monicelli, L'armata Brancaleone. E Marco segna. Esordisce il 19 novembre 1995 a San Siro contro l'Udinese, la squadra con cui ha giocato in tre periodi distinti della carriera segnando quarantaquattro gol in centoquarantaquattro partite, e ci mette meno di un'ora a entrare nel tabellino. Tiro di Ganz, ribattuta del portiere e colpo di testa rapace a pochi passi dalla linea, con il numero ventisette sulle spalle e la consapevolezza che se rimarrà in condizione Caio e Rambert vedranno pochissimo il campo.

In coppia con "El segna semper lü" Maurizio Ganz, Branca forma un duo che tanti interisti ricordano con un sorriso, nonostante i risultati modesti, e per una volta sembra addirittura meritare l'accostamento a Van Basten azzardato da chi si è inventato il soprannome il Cigno di Grosseto.

Tra una tripletta al Cagliari, una al Padova, una doppietta alla Roma da freschissimo ex al veleno e numerosi altri gol, il 10 marzo 1996 Branca trova nel derby la perla che vale come un elisir di lunga vita.

I nerazzurri sono rientrati in zona Europa, il Milan tenta la fuga Scudetto. Dopo cinque minuti di gioco la nube densa come panna montata creata dai fumogeni non si è ancora diradata del tutto, ma il Cigno di Grosseto ha già piazzato la sua zampata con un gran sinistro sul primo palo, regalando ai suoi tifosi una vittoria che vale una settimana di sfottò agli odiati cugini. Quando nel finale lascia il campo sostituito, il coro dell'armata Brancaleone scuote San Siro come un tuono e lui, con gratitudine, manda baci alla tifoseria che lo ha trasformato in un idolo indiscusso.

Chiuderà con diciannove gol in campionato (inclusi i due segnati con la maglia della Roma) e l'Inter centrerà la qualificazione Uefa, ma l'arrivo di Zamorano e Djorkaeff in estate seguito da quello del Fenomeno Ronaldo nel 1997-98 gli chiuderanno ogni spazio: “Dissi a Moratti che non mi sentivo più all’altezza dell’Inter e che volevo andare in Inghilterra – ha raccontato al “Foglio” – Non lo sentii più per un anno e mezzo o due ma quando nel 2001 smisi di giocare il presidente mi chiamò per offrirmi la carica di capo osservatore”.

Diventerà l'uomo mercato che ha costruito l'Inter del Triplete del 2010 – con la cessione di Ibrahimovic al Barcellona per quarantacinque milioni di euro più il cartellino di Eto’o come colpo da novanta e gli acquisti da sogno di Lucio, Sneijder, Thiago Motta, Pandev e Milito – ma per entrare per sempre nel cuore dei tifosi nerazzurri era stata sufficiente la stagione 1995-96. Con quel gol nel derby. Branca, Branca Branca... leon, leon, leon!

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