Franco Tancredi, il pararigori

Franco Tancredi, il pararigori

Il portiere ha segnato un'era in giallorosso: un gatto fra i pali, umile e silenzioso, era il terrore di chi si presentasse dagli 11 metri 

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Quante mani avesse in realtà, non si è mai capito del tutto; resta il ragionevole dubbio che le moltiplicasse, in proporzione a quanto il tiro appariva imprendibile, per lo sguardo altrui. Un metro e 76, per poco più di settanta chilogrammi, che una lucida reattività proietta oltre quelle contenute dimensioni: non c'era punto, nello specchio di porta, dove non riuscisse ad arrivare per primo, Franco Tancredi, con l'atteggiamento compìto e l'espressione genuina di chi non sta facendo altro che il proprio dovere.

 

 

 

Tancredi, il nome nuovo

Il fatto è che intere generazioni di tifosi romanisti quel dovere lo definirono, centinaia di volte, "miracolo", strappato all'esito più probabile finanche con quella che, tra le due mani, era la più distante dalla minaccia. Come una poesia mai dimenticata, alle sue spalle un coro rinasce ogni volta: tutto comincia dall'altoparlante; suona il nome di Tancredi, quando chiudiamo gli occhi e ritroviamo un tabellone scuro con le formazioni scritte in bianco, tra il fumo colorato dell'accoglienza e i tamburi incessanti dell'orgoglio.

 

 

 

Corre la stagione 1979-80 quando scalza Paolo Conti dal ruolo di titolare. C'è una data, in quella sua prima stagione da protagonista nella capitale, destinata a rimanere scolpita nella sua carriera e nella memoria dei tifosi: è il 17 maggio del 1980, il giorno in cui Roma e Torino si contendono la Coppa Italia sul terreno dello stadio "Olimpico". L'equilibrio si protrae fino alla fine e quasi oltre, giallorossi e granata arrivano ai calci di rigore; sia Tancredi che il suo omologo torinista, Giuliano Terraneo, diventano i padroni della scena: nella serie dei cinque rigori, le due compagini ne falliscono tre per parte; è la serata in cui fanno cilecca anche i rigoristi più esperti e collaudati; è una delle rarissime occasioni in cui sbaglia anche Agostino Di Bartolomei.

Franco Tancredi compie 70 anni: auguri pararigori!

Franco Tancredi compie 70 anni: auguri pararigori!

Franco Tancredi ha legato le sue fortune sportive alla maglia giallorossa, con la quale ha difeso i pali della porta della Roma dal 1977 al 1990.

La sua bacheca del trofei racchiude uno scudetto (1983) e quattro Coppe Italia (1980, 1981, 1984, 1986) con la Roma, (nel 2012 è stato inserito nella hall of fame della squadra capitolina) Con la maglia del Torino ha conquistato una Coppa Mitropa nel 1991. Celebriamo il suo compleanno con una gallery di foto tratte dall'archivio storico del Guerin Sportivo.

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Il ragazzo di Giulianova neutralizza le conclusioni di Greco ed Eraldo Pecci, mentre Ciccio Graziani conclude direttamente oltre la traversa. Si va a oltranza. I padroni di casa vanno a segno con Carlo Ancelotti; il Toro manda sul dischetto il proprio capitano, Renato Zaccarelli. Parato. La Roma ha vinto la Coppa Italia. L'indomani, il "Corriere Sportivo" titola a caratteri cubitali: "Tancredi dice Roma". È un'investitura ufficiale.

 

 

È anche iniziata la svolta, quella ritenuta impensabile, nella storia della società giallorossa. Non è un alloro fine a se stesso, tantomeno una episodica soddisfazione: sono le fondamenta per il ciclo che sulla panchina vedrà Nils Liedholm timoniere di un gruppo qualitativamente sopraffino, caratterialmente granitico. In effetti è solo l'inizio, per la presidenza Viola e per Tancredi tra i pali della Roma, però è una pagina che resta indelebile, che non sbiadisce neppure nel confronto con gli allori successivi, tra i quali ovviamente troneggia lo storico scudetto conquistato nel maggio del 1983: quella Roma ha tanti fuoriclasse, ha una serie di leader più o meno appariscenti a seconda del profilo caratteriale. Dietro di loro c'è un guardiano del quale l'intero gruppo si fida e al quale si affida ciecamente: a più riprese Liedholm sottolineerà come e quanto la squadra si senta protetta con lui in porta, con quell'estremo difensore che sembra più alto di quanto sia in realtà, perché unisce all'istinto, oltre che a un bagaglio tecnico raffinato, una straordinaria forza esplosiva nelle gambe.

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