Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi
Con il club in crisi, il patron Achille Lauro rinunciò alla carica di presidente e propose proprio il giovane costruttore emergente
Mentre Napoli festeggia il suo terzo scudetto, il “Maradona” ribolle d’emozione, le piazze traboccano di gente e l’euforia contagia la città, un vecchietto di novantadue anni attraversa l’Atlantico per andare a Buenos Aires a far visita a un amico al cimitero.
Al Jardìn Bella Vista è sepolto Diego Armando Maradona e con un mazzo di fiori azzurri e bianchi in mano, la schiena ricurva ma il solito sguardo vispo e indagatore, si presenta un Corrado Ferlaino visibilmente commosso.
Quello tra Ferlaino e Maradona, tra liti e ripicche, abbracci e strali, è stato un rapporto simile a quello di un padre con un figlio ribelle e adorato, ma la storia napoletana dell’ingegnere figlio di un calabrese di nome Modesto e di una donna di origini milanesi è partita prima: il 18 gennaio 1969.
Appena trentasettenne, il costruttore edile Corrado Ferlaino si ritrova presidente dopo un’assemblea societaria burrascosa, tra dimissioni in corsa dell’amministratore delegato, deleghe firmate dall’ex patron Achille Lauro da recuperare con una staffetta e polemiche assortite tra individui in giacca e cravatta mai così accalorati per un’assemblea aziendale.
Quando la riunione è a un passo dall’annullamento, ecco che salta fuori un comunicato di Lauro: rinuncia ad assumere la presidenza e propone il nome del giovane Ferlaino, in procinto di spendere con mossa imprevista 265 milioni per un pacchetto azionario che ne vale 59. «Chisto è pazzo» tuona Lauro quando lo scopre, lui che è pesantemente in credito con il Napoli, ma poi tra i due si crea un sodalizio. In cassa “non c’è una lira”, ma Ferlaino durerà alla presidenza, tra brevi dimissioni nel 1971 e nel 1983, dopo lo scoppio di una bomba sotto casa, trentatré anni, un mese e dodici giorni.
Pilota, calciatore e nottambulo, rampollo della Napoli bene che ha fatto fortuna cementificando il golfo, Ferlaino ha trovato nella gestione della squadra una ragione di vita. Più tifoso che presidente.
Il suo primo Napoli è quello di Altafini, Cané, Sivori, Juliano, Zoff e Harald Nielsen e con un simile parterre vorrebbe da subito provare a dire la sua per lo scudetto, ma ogni anno manca qualcosa. Intervistato alla Domenica Sportiva a dieci anni dalla sua nomina, punterà il dito sul carattere “passionale ed emotivo” dei napoletani, ma saranno la sua perenne insoddisfazione e la sua impazienza i motivi principali di un continuo elastico tra grandezza e mediocrità. Tra cessioni dolorose e remunerative, tipo Zoff alla Juve, e acquisti bomba.
Il suo primo trofeo è la Coppa Italia del 1975-76, la stagione dell’arrivo di Savoldi dal Bologna: «Se mi porti Clerici e una barca di soldi, ti do Savoldi» pare gli abbia detto durante un incontro allo stadio il suo omologo rossoblù. E l’ingegnere, focoso, fumantino e imprevedibile, non se lo fa ripetere due volte, così per due miliardi complessivi realizza il colpo più clamoroso nella storia del calciomercato italiano. Solo Maradona riuscirà a creare più caos.
I napoletani accusano il presidente di buttare all’aria la squadra ogni estate, di creare insicurezza e tensione con comportamenti subdoli, mettendo sempre tutto e tutti in vendita o in discussione, ma quando nell’estate 1984 arriva Maradona, ogni cosa è dimenticata. Tra fideiussioni bancarie strappate con le unghie, fogli bianchi spacciati per contratti firmati e sotterfugi vari, l’arrivo di Diego segna l’inizio dell’età dell’oro.
Arrivano due scudetti, una Coppa Uefa e una Coppa Italia, trionfi che tuttavia non bastano a esentare l’ingegnere dalle critiche, quando il rapporto con Diego s’incrina, con la sua partenza per Siviglia lanciando strali a una società da cui si sente tradito. Negli anni Novanta Ferlaino finisce in mezzo a Tangentopoli, cede temporaneamente il controllo societario a Ellenio Gallo, svuota le casse per Fonseca e il Napoli scivola inesorabile verso la bancarotta e la B. Sino al suo addio definitivo il 14 febbraio 2002. Una fine amara per una grande storia, che l’omaggio a Maradona nei giorni del terzo scudetto ha reso un po’ più dolce.
Condividi
Link copiato