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In occasione del compleanno di Mauro Tassotti, un excursus dei "proprietari" della fascia destra biancoceslete
È il giorno di Verona-Lazio e Marco Baroni, ovviamente, spera di festeggiare con una vittoria. Ma è anche un giorno che qualcuno molto legato ai colori biancocelesti festeggerà a prescindere, già da prima del fischio d’inizio. Compie oggi 65 anni Mauro Tassotti, uno dei terzini destri più vincenti della storia del calcio italiano, che proprio con la maglia del club capitolino ha iniziato la sua carriera. A partire da allora sono tanti i giocatori che si sono alternati in quel ruolo con la divisa della Lazio, nessuno di loro però può vantare un curriculum come quello di colui che poi, una volta passato al Milan, è diventato una colonna portante di una delle squadre più forti di sempre.
Nato a Roma il 19 gennaio 1960, Mauro Tassotti muove i primi passi nel calcio che conta con la maglia della Lazio, sebbene la fede calcistica fosse quella giallorossa. Cresciuto nelle giovanili biancocelesti, il suo debutto in prima squadra avviene nella stagione 1978-79, in un contesto storico per la Lazio non dei più semplici. Quegli anni sono caratterizzati da alti e bassi, con la retrocessione in Serie B nel 1980 che segnerà profondamente la storia del club. Nonostante le difficoltà, lui emerge come un talento di spicco, un terzino destro moderno per l’epoca, dotato di grande forza fisica, senso della posizione, abilità in marcatura e, cosa non scontata per il ruolo, una buona propensione alla fase offensiva.
La sua permanenza nella Lazio, seppur breve, è fondamentale per la sua crescita e per la sua maturazione come calciatore. Veste quella maglia per tre stagioni, poi nel 1980 arriva la svolta: il trasferimento al Milan (in quel momento in cadetteria). In rossonero, sotto la guida di tecnici visionari come Arrigo Sacchi e Fabio Capello, Tassotti entra nella leggenda, diventando un simbolo di una delle squadre più iconiche di tutti i tempi. Il suo nome si lega indissolubilmente a quello di Baresi, Costacurta (prima di lui Galli) e Maldini, formando un quartetto difensivo che ha fatto scuola in tutto il mondo. Con il Milan vince tutto: scudetti, Champions League, Coppe Intercontinentali, Supercoppe europee e italiane. Un palmarès impressionante di 18 titoli che lo consacra nell’Olimpo del calcio.
Ecco perché l’eredità di Tassotti alla Lazio è una di quelle pesanti, un’asticella posta molto in alto per chiunque abbia idealmente indossato la maglia numero 2 (quella che storicamente identifica il ruolo) dopo di lui. Negli anni successivi al suo addio, diversi giocatori si sono alternati sulla fascia destra, con risultati altalenanti. Tra i nomi più significativi degli anni Novanta, spicca quello di Paolo Negro, un terzino di spinta, dotato di buona corsa e di un cross preciso, che ha saputo interpretare il ruolo con modernità per il suo tempo. L’inizio del nuovo millennio vede poi l’arrivo di Massimo Oddo, un giocatore che lascia un segno importante nella storia recente della Lazio. Oltre a essere un ottimo terzino destro, si è distinto per la sua leadership, diventando anche capitano della squadra e togliendosi la soddisfazione di segnare nel derby. Le sue doti balistiche sui calci piazzati e la sua capacità di spinta lo hanno reso un idolo dei tifosi, oltre a farlo diventare parte della Nazionale che nel 2006 si laurea campione del mondo in Germania. Anche lui, come Tassotti, si trasferisce poi al Milan nel 2007, lasciando l’eredità a Stephan Lichtsteiner: lo svizzero la raccoglie senza far rimpiangere il predecessore (pure lui conta un gol contro la Roma), ma dopo solo tre anni in biancoceleste saluta per passare alla Juventus. Prima di lui, come esterno da scudetto (2000) ecco Pippo Pancaro, che si alternava a destra (soprattutto) e a sinistra.
Il decennio successivo è caratterizzato da una certa instabilità sulla fascia destra. Abdoulay Konko, pur dotato di buone qualità fisiche e tecniche, non riesca mai a trovare la continuità di rendimento sperata per via di una lunga serie di infortuni che ne hanno condizionato il rendimento. Dusan Basta, arrivato nel 2014, porta esperienza e solidità, garantendo un buon rendimento per diverse stagioni. Un giocatore affidabile, ma forse non in grado di infiammare il pubblico come i suoi predecessori (anche se pure lui vanta la griffe in un derby). Ci sono stati anche Pereirinha e Cavanda (e altri esperimenti falliti), ma è con l’arrivo di Manuel Lazzari che la Lazio ritrova un terzino destro con caratteristiche dirompenti. La sua velocità, la sua capacità di saltare l’uomo e la sua propensione offensiva lo rendono un elemento fondamentale per il gioco di Simone Inzaghi prima e di Marco Baroni ora, passando per Maurizio Sarri. Insieme a lui, poi, c’è Adam Marusic. Quello che oggi con il Verona occuperà quella posizione. L’infortunio di Lazzari ha annullato il ballottaggio, spianando la strada al montenegrino. Un giocatore duttile e affidabile, capace di ricoprire diverse posizioni in campo e che ha fatto la fortuna di ogni allenatore che si è seduto sulla panchina della Lazio.
In nessuno di questi casi è giusto o corretto azzardare un paragone con Tassotti. Ripercorrere la storia dei terzini che lo hanno seguito, però, significa analizzare l’evoluzione del ruolo nel corso del tempo. Anche perché il fresco 65enne rappresentava un terzino più “classico”, concentrato sulla fase difensiva, ma dotato di grande intelligenza tattica e senso della posizione. Gli interpreti moderni del ruolo, come Lazzari e Marusic appunto, sono chiamati a svolgere un gioco più dinamico, con una maggiore partecipazione alla fase offensiva. Ogni epoca ha i suoi giocatori e le sue esigenze tattiche. Ciò che accomuna tutti questi è l’aver vestito la maglia della Lazio, contribuendo, ognuno a suo modo, alla storia del club. Certo, seguire le orme di Mauro Tassotti (e provare a vincere anche la sola metà dei trofei vinti da lui in carriera) resterà un obiettivo per chiunque vestirà quella maglia.
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