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L'attaccante croato compie 55 anni il 21 gennaio: dal Marsiglia all'esperienza italiana pieba di trionfi
“Non ho mai visto un attaccante così. Tu provi a fermarlo e ti fai male andandogli addosso”. Nelle parole di Ciro Ferrara, rilasciate al termine di Napoli-Lazio, gara che segnò il suo esordio assoluto in serie A, c'è una descrizione chiara e precisa delle qualità e della forza esplosiva di Alen Boksic. Uno degli attaccanti più forti e completi che hanno giocato in Italia negli anni novanta. Un giocatore capace di giocate eccezionali e di lunghe pause: di costruire l'azione in modo fantastico e di sprecare tutto per la poca freddezza sotto porta. “Per il 95% dell'azione Alen Boksic è il giocatore più forte al mondo – sentenziò Alessandro Nesta, compagno di squadra ai tempi della Lazio – il problema è il 5% finale”.
Boksic era in grado di piegare letteralmente in due le difese avversarie, grazie alle sue doti fisiche e tecniche, ma sotto porta non è mai stato un cecchino. Solo una stagione all'Olympique Marsiglia, segnò con regolarità, timbrando il cartellino 22 volte: reti che portarono il club francese a vincere lo scudetto e la Champions League, nell'anno in cui per la prima volta cambiò denominazione. L'O.M. sconfisse in finale il Milan, con Boksic protagonista di una gara eccezionale.
La Champions al Marsiglia rappresenta anche la fine della sua esperienza francese. I problemi economici che attanagliarono il numero uno del club Bernard Tapie, costrinsero il club a ridimensionarsi e a cedere i suoi migliori calciatori. Boksic, che il presidente della Lazio Sergio Cragnotti aveva già opzionato per la stagione 94-95, arrivò a Roma con quasi un anno di anticipo, diventando il nuovo centravanti della Lazio.
Con Zeman due anni di odio e amore: gioca con regolarità, sfiora la doppia cifra (segna 9 gol in serie A il primo anno), ma fatica a orientarsi nei rigidi schemi zemaniani, che imbrigliano la sua fantasia. Cragnotti, che si era letteralmente innamorato di lui, lo cede alla Juventus l'estate del 1996, ma lo riporta nella capitale dopo un anno: il tempo di salutare Zeman e di permettere all'attaccante croato di vincere uno scudetto, una Supercoppa europea e una Coppa Intercontinentale.
Quando torna a Roma, Boksic trova Sven Goran Eriksson in panchina: con lo svedese il feeling è immediato: il primo anno segna dieci gol (suo record personale in Italia) e vince la Coppa Italia. L'anno successivo un brutto infortunio lo tiene ai margini per diversi mesi: Boksic rientra a fine stagione, giusto il tempo per segnare in Coppa delle Coppe la rete decisiva nella semifinale contro la Lokomotiv Mosca: un gol che porta la Lazio nella finale di Birmingham contro il Mallorca.
Nella stagione successiva arriva la consacrazione: la Lazio vince scudetto, Coppa Italia e raggiunge i quarti di finale di Champions League. Per larghi tratti della stagione, Boksic è un titolare fisso della squadra, prima del clamoroso strappo con Eriksson. Il giorno di Lazio-Perugia (9 aprile) si rifiuta di entrare in campo perchè a suo dire, la maglia era troppo stretta: Eriksson, di tutta risposta, lo spedisce in tribuna.
La settimana successiva torna tra i titolari e va in gol a Firenze; è l'ultimo squillo laziale. L'estate del 2000 lascia la capitale dopo sei stagioni, 43 reti, uno scudetto, due Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea e due Supercoppe italiane. Chiude la carriera in Premier League, al Middlesbrough: tre stagioni e 22 gol in campionato. Una volta appesi gli scarpini al chiodo, fa perdere le sue tracce: compra un'intera isola in Croazia dove si trasferisce ed inizia una nuova vita. Lontano dai riflettori e dal mondo del calcio: dove si è tolto soddisfazioni straordinarie, senza però riuscire ad esprimere la totalità del suo enorme potenziale.
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