Protti: Due gol che non posso dimenticare

Protti: Due gol che non posso dimenticare

Igor, il doppio ex e i suoi ricordi «Con la Lazio ho segnato nel derby: emozione pazzesca Nel Napoli che rete alla Juve»

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«Nella mia carriera ho sempre cercato di creare dei rapporti con le piazze in cui ho giocato e devo dire di essere sempre riuscito a farmi apprezzare dai tifosi, lasciando un buon ricordo. Anche dove sono rimasto poco, come a Roma e a Napoli». Igor Protti ha vestito la maglia della Lazio nella stagione 1996-97 e quella del Napoli nel campionato 1997-98: due esperienze diverse «ma molto stimolanti. In due squadre dalla storia incredibile, che mi hanno lasciato qualcosa dentro. La mia soddisfazione più grande è essere ricordato con affetto dai tifosi di entrambe le squadre. Nonostante alla Lazio per diversi mesi le cose non sono andate come mi aspettavo e al Napoli abbiamo passato una stagione travagliata, con una serie di problemi che hanno caratterizzato tutto l’anno».

Igor Protti arriva alla Lazio l’estate del 1996, dopo un anno esaltante al Bari. «Per tutta la stagione mi sono giocato la classifica dei capocannonieri con Beppe Signori. Alla fine l’abbiamo vinta entrambi, perché abbiamo chiuso l’anno con gli stessi gol. In estate, ci siamo ritrovati insieme a Formello».

 

Cosa vi siete detti?

«In realtà lui è stato quello che più mi aiutato nell’inserimento. Appena ci siamo ritrovati, ci siamo abbracciati e abbiamo ricordato la stagione precedente dove siamo stati in ballottaggio fino alla fine. Beppe è stato davvero molto importante per me».

 

Nei primi mesi alla Lazio, le cose non sono andate benissimo...

«No, ma alla luce di quello che è successo poi, posso dire tranquillamente, che non sono stato solo io ad avere dei problemi a inizio stagione. Diciamo che personalmente ho faticato tanto. Abbiamo fatto più di un mese di ritiro in Repubblica Ceca a dei ritmi incredibili. Ai quali non ero abituato. Io poi sono uno che per rendere, deve stare bene fisicamente, e all’inizio ho avuto dei problemi».

 

Con Zeman la Lazio ha faticato...

«La squadra era stata costruita per lottare per le prime posizioni, ma i risultati non arrivavano e se non ricordo male, quando ci fu il cambio di allenatore, eravamo nelle posizioni basse della classifica. Quando arrivò Zoff la situazione cambiò, tanto che abbiamo chiuso al quarto posto, che oggi permetterebbe a un club di arrivare in Champions League. Probabilmente era un mio limite, ma io sono sempre stato abituato a essere piuttosto libero di esprimermi in attacco: seguire degli schemi precisi non mi ha aiutato. Poi ci sono state altre problematiche, delle quali non mi prendo la responsabilità».

 

Con Zoff cosa è cambiato?

«Tutto. I risultati lo dimostrano. Io mi sono sbloccato la settimana prima del derby, facendo una tripletta con la Reggiana. Poi è arrivato il gol con la Roma. Il più importante di tutta la stagione. Io quando mi chiedono quanti gol ho segnato con la Lazio dico sempre 27: sei gol normali, più quello nel derby, che vale per venti».

 

Eppure partì dalla panchina...

«Dico la verità: mi aspettavo di giocare titolare visto che venivo da una tripletta segnata la settimana prima. Un po’ ci sono rimasto male. Mister Zoff mi fece giocare nella ripresa al posto di Signori: anche Beppe non sarebbe voluto uscire, vista l’importanza della sfida. Il derby è questo. La prima cosa che mi hanno detto, appena ho messo piede a Roma è stata: “Igor, me raccomando al derby eh...”, non lo dimenticherò mai. E non l’ho dimenticato neanche quel giorno».

 

Come nacque il trenino sotto la Curva Sud?

«Partiamo dal gol: l’ho sempre definito un gol al contrario: Casiraghi che crossa dalla fascia, Rambaudi che fa l’assist di testa. Di solito accadeva l’inverso: non so quanti palloni Rambo abbia colpito di testa nella sua carriera (ride, ndr.); poi la spaccata e la palla che lentamente entrò in porta. Il trenino mi è venuto spontaneo: lo avevo fatto tante volte al Bari l’anno prima. È la prima cosa alla quale ho pensato e ho visto che poi tanti compagni mi hanno seguito. La foto del trenino fu presa per promuovere la campagna abbonamenti della stagione successiva. Per me è stato un grande orgoglio».

 

A fine stagione lascia la Lazio per andare al Napoli...

«Una stagione complicata. Abbiamo cambiato quattro allenatori, c’era grande incertezza: societaria e tecnica. Non fu un anno facile, ma si capiva che la società stava vivendo una situazione difficile, tanto è vero che negli anni successivi arrivò il fallimento».

 

Il suo rapporto con Napoli e i tifosi?

«Meraviglioso. Una piazza calda, che ama la squadra e ti fa sentire coccolato. Anche nelle difficoltà. Nelle mie esperienze nelle varie squadre, ho sempre dato tutto me stesso. Anche al Napoli, nonostante le tante difficoltà, e questo credo che il pubblico lo abbia appezzato. Sono sempre uscito con la maglia sudata e nonostante non abbia fatto tanti gol, la gente lo ha sempre apprezzato».

 

Gol più bello con la maglia del Napoli?

Senza dubbio quello segnato alla Juventus: noi eravamo in fondo alla classifica, loro si stavano giocando lo scudetto, ma lottammo fino all’ultimo e riuscimmo a pareggiare 2-2 nel finale. Così come dico che il gol nel derby valeva per venti, anche quello alla Juve ha avuto una grande importanza. E per me fu pure inedito».

 

Perché?

«Perchè lo segnai con il sinistro: un tiro a girare quasi dal limite dell’area. Diciamo che non era proprio nelle mie corde. Ma il risultato fu fantastico».

 

Che gara si aspetta oggi da Lazio e Napoli?

«Il Napoli con Conte è entrato in una dimensione importante. E sta meritando di lottare per il titolo. Nella Lazio il lavoro di Baroni è stato fantastico. Sta lottando per la Champions League contro squadre ben più attrezzate. Mi aspetto una gara divertente ed equilibrata. Saranno gli episodi a deciderla».

 

 

 

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