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Rummenigge, Brehme, Matthaeus e Lucio: quanti affari sull'asse Milano-Monaco di Baviera. Incluso un calciatore diventato di culto grazie al cinema
Inter-Bayern Monaco è una storia di grandi ex, oltre che essere un classico del calcio europeo. Già finale di Champions League, ne riparleremo, ha visto anche numerosi affari sulla tratta Milano-Baviera. Abbiamo preso cinque doppi ex, quattro che hanno effettivamente lasciato il segno sul campo e uno un po' in maniera diversa, semplicistamente considerato un bidone.
I loro nomi? Rummenigge, Brehme, Matthaeus, Lucio e Sforza.
Un attaccante che ha fatto epoca, campione d'Europa con il Bayern e Pallone d'Oro, capitano della Germania Ovest a cavallo tra anni Settanta e Ottanta, uno dei centravanti più forti nella storia del calcio tedesco: Kalle Rummenigge è l'acquisto di punta dell'Inter nell'estate del 1984, quella in cui in Serie A giocano di fatto i migliori al mondo.
Rummenigge ha già diversi chilometri nel tassametro delle sue robustissime gambe, ha iniziato a nemmeno vent'anni con il Bayern Monaco andando a formare un tridente formidabile in Baviera assieme a Gerd Muller e Uli Hoeness.
Due Coppe Campioni di fila, 1975 e 1976, e quando Muller lascia (ha dieci anni in più) il leader offensivo del Bayern diventa Kalle, che nel 1980 vince con la Germania Ovest l'Europeo in Italia e pochi mesi dopo il Pallone d'Oro. Premio che bisserà anche nel 1981, al termine di stagioni trionfali in patria, a colpi di 30-35 gol.
Forse è un po' logoro quando diventa il centravanti titolare dell'Inter, in coppia con Altobelli dovrebbe spaccare le difese avversarie ma tra problemi fisici e una concorrenza nutrita in Serie A in quel periodo chiuderà il triennio nerazzurro con zero titoli. Emblematico forse che il suo gol più bello con l'Inter, una sforbiciata da fuori area all'incrocio contro il Torino, venga annullato per un fallo precedente.
Ed eccola, l'Inter dei tedeschi in blocco. Il Milan va sugli olandesi? E allora ecco i nerazzurri con i leader tecnici e carismatici della Germania (Ovest). Andreas "Andy" Brehme, totalmente ambidestro, pro forma un terzino sinistro, ma capace di giostrare anche più avanti, come interno di centrocampo e di decidere una finale mondiale calciando un rigore (di destro). Estate del 1988, Brehme arriva assieme a Lothar Matthaeus, suo compagno di squadra non solo in nazionale ma anche al Bayern Monaco. Per anni l'Inter avrà "la sindrome del terzino sinistro", con tutti gli eredi di Andy impossibilitati anche minimamente ad avvicinarsi alle prestazioni offerte dal biondo con la maglia numero 3. Un cross dopo l'altro, un gol dopo l'altro (perché sapeva anche trovare la porta), è stato forse dopo il solo Facchetti il più grande terzino sinistro nella storia nerazzurra.
Teutonico in tutto, un colosso del centrocampo, campione del mondo e Pallone d'Oro, un giocatore straordinario e longevo, arrivato in Italia al momento giusto della sua carriera, al massimo dello splendore: Lothar Matthaeus, numero 10 "atipico" perché non molto fantasista in realtà, ma più tuttocampista, una 4x4 in campo dalla leadership innata.
Destro, sinistro, punizioni, rigori, una carriera conclusa addirittura da libero dopo aver vinto tutto tranne la Champions League. Nella stagione dei record dell'Inter, quel campionato 1988-89 praticamente perfetto conclusosi con 58 punti raccolti su 68, nove gol tra cui la punizione decisiva realizzata per la certezza matematica del tricolore, nel 2-1 al Napoli a San Siro.
Simbolo di potenza e autorità come pochi altri centrocampisti in epoca recente, Matthaeus è stato uno dei cinque calciatori tedeschi a vincere il Pallone d'Oro, dopo Muller, Beckenbauer, Rummenigge e prima di Sammer.
Vittoria da ex, quindi ancora più speciale. Il 22 maggio del 2010 al centro della difesa dell'Inter di Mourinho c'è Lucimar Ferreira da Silva, meglio conosciuto come Lucio, uno dei difensori più peculiari della sua generazione. Grande coraggio e baldanza fisica, capace di slanci offensivi efficaci tanto quanto i recuperi difensivi, a volte un po' scriteriato. Se invece è concentrato il brasiliano è uno dei migliori centrali del pianeta, campione del mondo nel 2002.
Il Bayern Monaco lo scarica, di fatto, nell'estate del 2009. Un colpo di mercato sottotraccia che però si rivela perfetto nello scacchiere interista, visto che accanto a lui dietro c'è uno che è il suo opposto: Walter Samuel.
Per 5 milioni, forse considerato in calo dai bavaresi, l'Inter se lo porta a casa e trova almeno nella prima stagione un Lucio in formato di lusso nonostante abbia già 32 anni. Fino alla finale di Champions League del 22 maggio 2010, appunto, con la vittoria in Champions League proprio contro il Bayern Monaco.
"Sì, però, anche tu: ti sembra il caso di dormire con la maglietta di Sforza?", "Eh, quella di Ronaldo era finita". Battuta immortale di un film altrettanto immortale di casa nostra, "Tre uomini e una gamba", di Aldo, Giovanni e Giacomo. Giacomo esce dalla stanza dell'ospedale dove è ricoverato per una colica renale e come pigiama ha scelto la maglia numero 21 di Ciriaco Sforza, nome e cognome italiano ma svizzero di nascita e di passaporto. Centrocampista dal ritmo compassato, nazionale elvetico, arriva all'Inter nel 1996 dal Bayern Monaco dopo aver vinto la Coppa Uefa con i bavaresi. A Milano non convincerà mai, in una stagione complicata che si chiude con la sconfitta in finale sempre di Coppa Uefa contro lo Schalke 04. Titolare inamovibile nel cuore della mediana di Roy Hodgson, segna un solo gol in campionato, alla prima giornata contro l'Udinese. Ma sarà con "Tre uomini e una gamba" che si guadagnerà l'immortalità almeno a livello di immaginario collettivo.
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