Bill Russell, campione e apripista

Bill Russell, campione e apripista

Il 18 aprile del 1966 il grandissimo pivot dei Boston Celtics ne diventava anche l'allenatore: mai nessun uomo di colore aveva guidato una squadra Nba

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"Non mi hanno scelto perché sono nero, ma perché pensavano che fossi in grado di farlo". Parole di pietra da parte di un personaggio non banale dello sport mondiale, e del basket in generale: Bill Russell il 18 aprile del 1966 diventava il primo allenatore di colore nella storia della Nba. Qualcosa che oggi sembra normale, alcuni dei migliori coach lo sono, ma che all'epoca era una vera rivoluzione.

Bill Russell, una leggenda

Quando parliamo di William Felton "Bill" Russell non possiamo che levarci il cappello. Intanto dal punto di vista sportivo, visto che i suoi 11 titoli Nba sono un record ancora oggi, peraltro difficilmente battibile. Russell è stato i Boston Celtics per un decennio da giocatore di colore in un'America dove il razzismo era ancora predominante. Pivot non altissimo ma agilissimo e lottatore con pochi eguali, nel 1966 ha già vinto nove volte il campionato Nba quando l'allenatore Red Auerbach (quello del sigaro fumato dopo ogni trionfo) decide di farsi da parte.

Non è facile trovare un successore per un coach del genere, per cui la scelta più comoda, ma al contempo più rischiosa, è quella di affidarsi proprio a Russell, che comunque continuerà a giocare. Player-manager, si direbbe oggi, all'epoca pratica non diffusissima in sé e figurarsi con un nero al timone di una squadra Nba: non era mai successo. Però Bill ha lo spogliatoio in mano, sul parquet già con Auerbach era una specie di allenatore in campo assieme al suo "pard", il piccolo Bob Cousy, il playmaker, la mente dei Celtics, che si era ritirato.

Boston si può permettere questa scelta perché l'aura che circonda Russell è quella di una statua inscalfibile, che da otto stagioni consecutive solleva il titolo Nba. Peraltro non si risparmia nel doppio ruolo, visto che continua a giocare oltre 40 minuti a partita, nonostante l'età avanzi: Bill ha 32 anni, centinaia di partite spese a battersi sotto i tabelloni contro gente spesso più grande e grossa di lui, come Wilt Chamberlain, il suo rivale per antonomasia. "The Stilt" in quella stagione 1966-67 per la prima volta lo supera ai playoff, eliminando i Celtics coi suoi Philadelphia 76ers, che poi vinceranno il titolo.

Uno smacco, per Russell, che però gli serve da stimolo. Nei successivi due campionati, infatti, Boston torna sul tetto Nba. Particolarmente drammatico il successo del 1969, all'ultimo minuto della decisiva gara-7 in finale contro i Los Angeles Lakers dove nel frattempo si era trasferito Chamberlain. Dopodiché Bill, completamente svuotato, decide di ritirarsi almeno da giocatore e di lasciare i Celtics anche come allenatore. Boston senza di lui andrà a picco, mentre Russell ci metterà qualche anno prima di tornare a sedersi su una panchina Nba, nello specifico quella dei Seattle Supersonics dal 1973 al 1977.

Farà anche una comparsata nel 1987 ai Sacramento Kings: poi basta, meglio la figura del saggio, da fuori, senza apprezzare molto i riflettori. Mai in buoni rapporti coi mezzi di comunicazione, Bill aveva comunque tracciato una strada, senza abusare mai troppo della sua figura, da vero "hombre vertical": non a caso oggi al miglior giocatore delle finali Nba si dà il "Bill Russell Trophy", per ricordare in eterno la sua mentalità vincente, sul campo e nella vita.

 

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