Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi
Trent'anni fa i biancorossi vennero promossi nella massima categoria, dove inizialmente non avrebbero tesserato nemmeno uno straniero, andando in controtendenza con i tempi
Sempre bello arrivare in Serie A per la prima volta, per di più mettendoci un proprio tocco personale: quello che capitò al Piacenza il 13 giugno del 1993 fu qualcosa di storico, con l'approdo storico nella massima categoria. Un altro capoluogo della provincia emiliana pronto a sedersi al ballo dei grandi dopo Bologna, Parma, Modena, Ferrara, Cesena e Reggio Emilia. Il Piacenza degli anni Novanta, che storia: il Piacenza tutto italiano, in controtendenza con i tempi che consentivano il tesseramento di tre stranieri.
Un progetto, quello del Piacenza, costruito nel tempo e con i frutti raccolti in maniera quasi inaspettata. Nel 1991, infatti, i Lupi avevano vinto la Serie C-1, trascinata dai gol di Giovanni Cornacchini, futura meteora nientemeno che al Milan di Fabio Capello.
In panchina, Gigi Cagni, di fatto agli esordi come tecnico ma già capace di ottenere buoni risultati con la primavera del Brescia e la Centese. Dietro la scrivania un uomo legato a doppio filo con la società: Leonardo Garilli. Un uomo che in un'epoca di presidenti ruspanti preferiva rimanere sulle sue, un po' timido, ma che dalla C-2 aveva portato il Piacenza, squadra della sua città, in Serie B. Proprietario della Camuzzi, ditta con mille dipendenti e 800 chilometri di tubature per il gas solo in Italia, interessi in Germania e in Inghilterra nel settore idrico, gli affari in Argentina e in gran parte dell’America del Sud, fatturava 1.200 miliardi di lire all'anno.
Parte di quei soldi, con moderazione, l'Ingegnere (così preferiva essere chiamato) Garilli li investe nel suo Piacenza e nello specifico solo nei calciatori italiani, all'epoca molto più convenienti degli stranieri. Era un altro calcio, oggi è quasi il contrario, dopo la "Legge Bosman". Ma con il direttore sportivo Gian Piero Marchetti si decide così e al Galleana, lo stadio di Piacenza, giostra un undici tutto nostrano, dal portiere Taibi al centravanti Totò De Vitis, vecchia lenza delle categorie inferiori. In mezzo altri nomi destinati a diventare conosciuti, come l'ala Turrini o l'estrosa seconda punta Piovani. Non mancano "scarti" di big di Serie A come i due difensori centrali Lucci e Maccoppi.
Promosso in B nel 1991, salvatosi piuttosto agevolmente nel 1992, il Piacenza non è considerato tra le favorite per la promozione nemmeno per la stagione successiva. Peraltro il campionato inizia malissimo con una sola vittoria nelle prime nove giornate e Cagni a rischio esonero. La squadra non segna per 560 minuti consecutivi quando a Piacenza si presenta la Ternana che va in vantaggio con D'Ermilio, e sembra davvero il crollo definitivo: quando l'astinenza arriva a 643', ecco il timbro in mischia di De Vitis, bissato al novantesimo da una zuccata di Maccoppi.
Questo 2-1 è come un tappo di champagne che dà il via alla riscossa: da lì in avanti i biancorossi non si fermano più. Dalla zona-retrocessione la squadra decolla, perdendo solamente in altre quattro occasioni e con una difesa di ferro (26 gol subiti appena) arriva all'ultima giornata al terzo posto, a pari punti con Ascoli e Lecce. Una di queste tre deve rimanere fuori, col Padova che peraltro è indietro di una lunghezza e che sfida proprio l'Ascoli di Bierhoff.
Trasferta a Cosenza, il 13 giugno 1993: calabresi già fuori da ogni lotta, ma che comunque sono settimi. Non è facile sbloccare la partita, ma a questo pensa Fulvio Simonini, un altro vecchio leone delle aree di rigore delle categorie inferiori, che si era fatto notare nel 1985-86 per una clamorosa doppietta all'Inter a San Siro con la maglia dell'Atalanta.
Da Padova intanto arrivano notizie assurde, con l'Ascoli che da 2-0 è finito sotto 3-2, un risultato che non serve a nessuna delle due squadre e che promuove il Piacenza e il Lecce, che sta battendo la Lucchese. Al fischio finale una carovana di tifosi dalla Calabria torna al nord celebrando la prima Serie A conquistata nella storia del club. "Non è che si sia trovato, come spesso si dice, tabula rasa; indubbiamente ci siam trovati con ben poco. La Serie A la dedico a tutti i miei concittadini, dicendo loro innanzitutto una cosa, nel bene come nel male: di essere contenti loro di essere piacentini", parola di Leonardo Garilli, a cui intitoleranno lo stadio Galleana dopo la sua morte improvvisa, nel 1996. Col Piacenza sempre in A, e sempre composto unicamente da giocatori italiani.
Condividi
Link copiato