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Nato a Heemstede il 15 settembre 1951, ha vinto tutto con l'Ajax e seguito Cruijff a Barcellona. È stato imprescindibile per gli schemi di Rinus Michels
Essere identificato come uno dei baby talenti del calcio olandese e chiamarsi Johan a inizio anni ’70 in Olanda può essere un’arma a doppio taglio. Ma Johannes Jacobus Neeskens ha saputo beneficiare fin da subito del taglio appropriato. Biondo, occhi verdi, in possesso di notevoli doti atletiche, prima di approdare all’Ajax inizia con il piccolo Racing Club Heemstede, squadra della cittadina a 30 chilometri da Amsterdam in cui nasce e cresce. L’arrivo al De Meer non è semplice. Nella precedente esperienza si trovava ai confini del professionismo: allenamenti serali tre volte la settimana e livello onestamente basso. Alla corte del maestro Michels cambia tutto: non solo per il piccolo Johan, ma per Rinus stesso.
Centrocampista puro, arrivato nella capitale olandese con l’etichetta di mediano-incontrista, si trasformerà presto nel più emblematico tuttocampista del “Totaalvoetbal”. Soprannominato “Johan segundo”, del Profeta del gol seguirà addirittura le orme, non solo per coprirgli costantemente le spalle… gioca dietro al 14, il ragazzo venuto da Heemstede. Ci si stabilirà per tanti anni, ma nel fascino della squadra di Michels, che sia biancorossa o arancione, risiede una costante: non è inusuale trovarlo davanti a Cruijff, anzi. È così che funziona il “Calcio totale”: non esistono posizioni fisse, tutti possono stazionare, a seconda del momento della gara e dei movimenti della squadra, in un ruolo non assegnato sulla lavagna tattica. Neeskens è l’emblema di questo concetto. Parte in mezzo al campo e rompe il gioco come pochi, le sue scivolate sono arte pura: nonostante non sia lunghissimo (175 cm), arpiona il pallone come una piovra. Poi? Smista e imbuca, certo, ma non è raro vederlo andare a concludere la manovra a centro area, magari con un volo d’angelo: anche nelle conclusioni aeree è eccezionale. Fondamentalmente non ci sono aggettivi corretti per descrivere le caratteristiche di Johan Neeskens, certamente ne servirebbero troppi… forse il più calzante è proprio quello più utilizzato accanto alla parola calcio negli anni ’70: totale. Difensore, centrocampista e attaccante. Grintoso, cattivo e tecnico. In possesso di un tiro secco e deciso, capace di mettere in porta i compagni senza neanche guardarli: gli mancano solo i guanti…
Lui si è autodefinito “un mediano che sa segnare”: umile e limitativo. Veste la maglia dei “Figli degli dei” per quattro stagioni. Insieme al “Pelé Bianco” trascina la squadra di Rinus Michels prima e Stefan Kovacs poi alla conquista di tre Coppe dei Campioni consecutive, due Eredivisie, due Coppe d’Olanda, una Coppa Intercontinentale e una Supercoppa Uefa. Oltre che prezioso in fase di recupero e costruzione, il suo apporto alla causa è strabiliante anche in zona gol: saranno 39 in 171 match giocati, un immensità per un calciatore che teoricamente gioca mediano. Nel 1974 fa le valigie e raggiunge Cruijff a Barcellona – il Profeta del gol era approdato in Catalogna nel ’73 – per ricreare quell’asse centrale che fa invidia a mezza Europa. Dal punto di vista dei successi in blaugrana non va come previsto: una squadra con due calciatori di tale caratura non può accontentarsi di vincere una Coppa del Re (una volta partito Cruijff, che aveva conquistato la Liga 1973-74, Neeskens mette in bacheca la Coppa delle Coppe 1979). Questo non cancella lo straordinario ricordo lasciato nel cuore dei tifosi del Barça, che per trovare due fenomeni di eguale portata a centrocampo dovranno aspettare i tempi del Tiki-Taka di Guardiola, orchestrato alla perfezione in campo da Xavi e Iniesta.
Nella memoria collettiva degli appassionati resta il primo minuto della finale di Coppa del Mondo 1974 tra Germania Ovest e Olanda. Guardando l’azione che porta all’immediato vantaggio olandese si può riassumere il Calcio totale di Rinus Michels. Johan Cruijff batte il calcio d’inizio, la sfera viene passata all’indietro e fatta sfilare per la retroguardia Oranje: Krol, Rijsbergen, Haan e Suurbier. Nel frattempo Cruijff, l’attaccante, arretra diventando l’ultimo uomo. Haan gli lascia il pallone e si sgancia. La sfera viene condotta in avanti per poi tornare tra i piedi del 14: dopo nemmeno un minuto tutti hanno già invertito le posizioni iniziali. Cruijff vede un varco e s’infila come un coltello nel burro nella difesa tedesca per poi essere steso da Hoeness all’ingresso in area: rigore. L’arbitro Taylor ha appena fischiato e il 13 – lo specialista Neeskens – ha già il pallone tra le mani: bomba centrale e Maier battuto. Per Johan segundo (al quinto gol nel Mondiale) e compagni sembra il preludio verso un successo inevitabile. La storia dirà altro, esattamente come quattro anni più tardi, quando sarà l’Argentina padrona di casa (come la Germania nel ’74) ad alzare al cielo la coppa. Due dispiaceri enormi nella carriera di Neeskens, ma forse anche nella memoria di ogni appassionato che ha visto giocare quella squadra fantastica: ancora oggi ci si chiede come non possa aver vinto nulla. La carriera del fenomenale centrocampista olandese in Nazionale era iniziata nel 1970, all’età di 19 anni, mentre si chiuderà nel 1981 con un bottino da attaccante: 17 reti in 49 gare. Nel mezzo anche l’inaspettata eliminazione nella semifinale di Euro ’76 per mano dei futuri campioni cecoslovacchi. Quel giorno, proprio un’espulsione di Neeskens per un fallo di reazione spalancò la strada al successo di Panenka e compagni.
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