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Il centrocampista basco fu protagonista del ciclo del "Dream Team" blaugrana, culminato con la Coppa Campioni del 1992. E pensare che non doveva fare il calciatore
José Mari Bakero: basco. "Perché i baschi sono gente tosta, che lavora: ne ho sempre avuto uno in squadra", diceva Johan Cruijff, che per sviluppare il suo calcio totale da allenatore andava a pescare, ove possibile, da quella regione così ricca di tradizione sportiva. E Bakero fu uno dei volti più riconoscibili del Barcellona campione di tutto a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, quello del "Dream Team", pieno appunto di baschi, da Zubizarreta a Begiristain fino ad Alexanko e Julio Salinas. In mezzo, però, questo piccoletto vitalissimo, dai capelli lunghi e capace di giocare in più ruoli. Oggi lo si definirebbe un tuttocampista, inesauribile e dal gran fiuto del gol.
In realtà José Mari Bakero è navarro di Goizueta, quattro case in mezzo alle montagne della Navarra, la regione che fa capo a Pamplona, ma considerata da sempre zona basca e basco-parlante. Del resto è anche molto più vicino a San Sebastiàn, da qui anche la tendenza da parte dei locali a farsi notare dalla Real Sociedad, piuttosto che dall'Osasuna. Nato l'11 febbraio del 1963, Bakero viene al mondo in una famiglia numerosa. Come tutti i baschi comincia praticando qualsiasi sport possibile, a cominciare dalla pelota, una vera religione da quelle parti. All'aperto o al chiuso, c'è solo lui, un muro, una palla di cuoio duro e un avversario: è un gioco utilissimo per vari motivi, tra cui la capacità di sapersi collocare su un campo, anche Deschamps ne parlerà benissimo. Piccolo problema, negli anni Settanta fare il "pelotari" non è che renda tantissimo a differenza del calcio. E siccome José Mari con la palla più grande è altrettanto forte ecco la chiamata della Real Sociedad, dove brucia le tappe e vince due volte la Liga nel 1981 e nel 1982.
Una squadra formidabile, quella, in cui Bakero è sostanzialmente la prima riserva tra centrocampo e attacco, dietro i mammasantissima Zamora, Alonso e Satrustegui. Titolari e riserve tutti baschi, se possibile tutti della provincia di San Sebastiàn, in risposta all'Athletic Bilbao: per due anni di fila la Real conquista il campionato aprendo un ciclo irripetibile e Bakero ancora minorenne ha già collezionato una trentina di presenze nella Liga. Ci resterà fino al 1988, diventando nel frattempo un centrocampista completissimo, una sorta di centravanti ombra, capace di segnare addirittura 24 gol in una sola stagione in tutte le competizioni. Abilissimo negli inserimenti, mobile e polivalente, le sirene dei grandissimi club lo chiamano e lui va al Barcellona nell'estate del 1988, quando i catalani "smembrano" la Real Sociedad; perché oltre a Bakero arrivano anche l'esterno Begiristain e il difensore Lopez Rekarte.
L'input è arrivato dal nuovo allenatore dei catalani, un signore che ha avuto una certa importanza nella storia del club anche da giocatore: Johan Cruijff. Vuole una squadra giovane, fresca e vincente e la Real Sociedad è una vetrina eccellente da cui andare a pescare. Paga 45 milioni di pesetas, che oggi sarebbero 270mila euro, ma che per l'epoca sono una cifra enorme, e si ritrova né più né meno che il miglior centrocampista spagnolo. Bakero diventa subito un leader della squadra, che per sette stagioni di fila conquisterà almeno un titolo, cominciando dalla Coppa delle Coppe del 1989. Il culmine però è il bienno 1992-93 quando il Barcellona vince la sua prima Coppa Campioni, completando un ciclo strepitoso.
Un ciclo che però avrebbe potuto spegnersi subito, il 6 novembre 1991, in una fredda notte renana, quando a Kaiserslautern il Barça sta perdendo 3-0 nel secondo turno di Coppa Campioni: all'andata ha vinto 2-0 ma ora è sotto un treno e sta per essere eliminato. Doppietta di Hotic e tris di Goldbaek, il tempo sta per scadere, Cruijff ha già quella faccia che rivedremo nella finale di Coppa Campioni del 1994 quando contro il Milan prenderà una sberla epocale e senza rimedio.
Mentre il Fritz Walter Stadion sta preparandosi a esultare, Koeman calcia una punizione dalla trequarti alla disperata, verso il vertice sinistro dell'area di rigore; Bakero è lì e col suo metro e settanta salta in mezzo a due difensori del Kaiserslautern trovando un impatto assolutamente perfetto e imparabile, che vola fino all'incrocio dei pali, dalla parte opposta. Una rete di una pesantezza incalcolabile, che salva il Barcellona futuro campione d'Europa a Wembley contro la Sampdoria.
Per il basco è l'apogeo con la maglia blaugrana, che vestirà fino al 1997. Con quella della nazionale, invece, relazioni complicate: mai preso realmente in considerazione quando era alla Real Sociedad nel pieno della forma psico-fisica, non viene convocato fino al 1987, e comunque sempre in ballottaggio con gli intoccabili del Real Madrid. Pagò forse anche la sua particolare collocazione in campo, uno per cui bisognava di fatto costruire una squadra attorno e le Furie Rosse non potevano concederglielo. Spettatore non pagante a Italia '90, giocò 4 partite a Usa '94 compreso il quarto di finale contro l'Italia. Ma lì, perché il commissario tecnico, Javier Clemente, basco, aveva convocato su 22 giocatori un terzo proveniente dalla sua stessa regione.
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