Azeglio Vicini: il più azzurro di sempre© CONTI

Azeglio Vicini: il più azzurro di sempre

Dall’Under 21 a Italia '90 e la scommessa Schillaci, dal gol di Caniggia al palo di Rizzitelli: la storia del tecnico cui mancò solo la ciliegina sulla torta

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La sua è stata una lunga storia d’amore senza il classico lieto fine, ma fatta di affetto, abnegazione e fedeltà: Azeglio Vicini, nato il 20 marzo del 1933 a Cesena, avrebbe “oggi” raggiunto la veneranda età di 90 anni, 90, come il numero della paura nella smorfia, 90, come le “notti magiche” che sul più bello videro svanire la magia. Uno dei commissari tecnici più amati della storia della Nazionale italiana, cui votò la sua carriera da allenatore e da insegnante, di calcio e di maniere, tanto da attirarsi addosso le ironie su un “posto fisso”, che comunque onorò sempre al meglio.

Il lavoro di Vicini… partito da lontano

Aveva solamente 35 anni e già un’esperienza in panchina, invero sfortunata, a Brescia, sua ultima squadra da giocatore, sua prima squadra da allenatore, luogo in cui decise di vivere e dove si spense il 30 gennaio del 2018, quando entrò a far parte del settore tecnico della FIGC. Correva l’anno 1968. Per dire che la storia di Azeglio Vicini al servizio della Nazionale partì davvero da lontano… Nel 1976 la prima svolta della sua carriera in azzurro: gli viene affidata l’Under 23, che di lì a poco verrà riformata in Under 21. Giusto in tempo per recapitare a Enzo Bearzot dei ragazzi “promettenti”: Rossi e Cabrini per il Mondiale del 1978 in Argentina e l’imberbe ma baffuto Bergomi per l’epopea del 1982 in Spagna.

Italia 1982 batte Italia 2006

1984-1986, l’età dell’oro con l’Under 21

Il capolavoro, però, Vicini lo realizzò un paio d’anni più tardi, quando si imbatté in una nidiata di futuri campioni, che accompagnò sapientemente alla ribalta. Parliamo dell’irripetibile biennio dell’Under 21 tra il 1984 e il 1986, quando il buon Azeglio faceva incetta di pepite preziose, che neanche Zio Paperone nel Klondike: Zenga in porta, Riccardo Ferri in difesa, De Napoli, Donadoni, Vialli, Mancini. Troppa grazia e la sensazione che mentre si stanno spegnendo gli eroi del 1982, sotto la cenere arda un fuoco destinato a divampare in nome di una nuova generazione di fenomeni, probabilmente la più forte di sempre. E che pure non vinse nulla, sconfitta ai rigori nella finale degli Europei di categoria dalla Spagna di Luisito Suarez.

Italia '90: notti magiche, meno una…

Nonostante il titolo svanito a un passo dal traguardo, la promozione di Vicini a Ct della Nazionale maggiore arriva in modo quasi naturale: Messico ’86 è stato un flop e c’è bisogno di ricostruire. Il primo obiettivo sono gli Europei in Germania del 1988: l’Italia, pur con qualche reduce ancora in organico, è giovane e bella e si arrende solamente in semifinale all’ultima grande Urss. Next stop Italia ’90. Giochiamo in casa e la nostra casa è lo Stadio Olimpico: sulle note di “Notti Magiche” di Bennato e Nannini la magia si crea davvero. Vicini ha impostato la sua Nazionale sugli ex ragazzi dell’Under, ma ha un’intuizione: il carneade Totò Schillaci da Palermo si è imposto a suon di gol con la Juventus, se gli passa accanto un pallone, lo butta dentro. E così accade. L’Italia fa un percorso netto nel traboccante entusiasmo di un’ondata nazionalpopolare senza precedenti. Ma poi arrivano l’Argentina e la notte da incubo del San Paolo e la magia che svanisce dagli undici metri, proprio come nella finale con la sua incredibile Under. Vicini ne esce devastato, nella platonica festa del San Nicola di Bari per il terzo posto dopo il successo con l’Inghilterra, Azeglio appare svuotato, ma resta comunque in sella, prossima tappa Euro ’92. Che si chiude con un’altra atroce beffa, crudelmente disegnata dal destino: è sul palo centrato da Rizzitelli che si infrangono le speranze di qualificazione degli azzurri e che si chiude il percorso in Nazionale di Azeglio Vicini.

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