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I sessant'anni della bandiera del Real Madrid e della nazionale spagnola: attaccante completo, segnò un'epoca assieme ai tanti compagni della rosa, la "Quinta del Buitre". Indimenticabile il suo poker alla Danimarca al Mondiale 1986
Il Real Madrid è pieno di giocatori che hanno incarnato l'essenza del club, ma Emilio Butragueño è quello che in epoca recente lo ha fatto di più. "El Buitre", "L'Avvoltoio", dei Blancos è stato giocatore, capitano, vice-presidente e oggi responsabile delle relazioni istituzionali. Insomma, è come se avesse la maglia sempre addosso, in ogni atto a cui partecipa. Butragueño compie 60 anni, ma sembra ancora un ragazzo.
Il piccolo Emilio aveva tutto per diventare del Real Madrid: nato il 22 luglio del 1963, neanche una settimana dopo era già socio dei Blancos, sottoscrizione fatta dal papà che a sua volta era socio, cioè abbonato. Un ambiente borghese, quello della famiglia Butragueño, con la profumeria gestita sempre dal padre nella zona del quartiere Salamanca, centralissimo, uno dei più cari di tutta Madrid. Tutti si rifornivano lì, i signori e le signore della media e alta società e in seguito anche i calciatori del Real, quando Emilio inizierà a giocarci. Sembrerà strano, ma fino a 13 anni Butragueño era indeciso se fare il calciatore o dedicarsi alla pallacanestro. Troppo piccolo, forse, per questo sport; è il suo allenatore nella squadra del Colegio Calasancio a dirgli di provare con l'altro pallone, non quello a spicchi ma bianco e nero. Risultati naturalmente sopra la media e dopo un paio di provini è il Real Madrid ad assicurarselo, nonostante un interesse dell'Atletico. Per la gioia del papà naturalmente, che avrebbe sofferto anzichenò vedendo Emilio in biancorosso. Tuttavia, a differenza di ciò che si pensi, Emilio non è mai stato un bambino prodigio come calciatore: anche perché aveva iniziato da centrocampista o da esterno e non da fenomenale attaccante, come sarebbe invece diventato.
Nelle giovanili del Real il giovane Emilio scala le gerarchie a suon di gol. Solo nel 1984, però, entra in pianta stabile tra i grandi. Inizia così un'epoca, la sua, quella della "Quinta del Buitre", quasi un decennio accompagnato in squadra da tanti compagni: Michel, Pardeza, Sanchìs e Martìn Vazquez. "Quinta" in spagnolo significa infatti "classe", nel senso dell'anno di nascita. Quindi "quinta" non è perché erano soprattutto quei cinque a rappresentarla, compreso Martìn Vazquez, futuro centrocampista del Torino. Periodo molto fruttifero per il Real Madrid, il decennio con Butragueño come punto di riferimento: sei titoli della Liga e in Europa due volte la Coppa Uefa come momenti da ricordare. "El Buitre" gioca da esterno inizialmente con l'argentino Valdano (un altro alfiere del madridismo) e un altro centravanti d'area, uno di quelli che non si allontanano mai dal dischetto del rigore o quasi, che è Santillana, fenomenale colpitore di testa.
Quando quest'ultimo inizia ad accusare i segni del tempo che passa, al suo posto tra i titolari inizia a vedersi il messicano Hugo Sanchez, con cui Butragueño si trova ancora meglio. Sanchez è spettacolare anche nelle esultanze, celebre la sua capriola, ed è esplosivo fisicamente: Emilio, più sottile nei movimenti, grande tecnica di base, è la spalla ideale. In Coppa Campioni il Real però non riesce mai ad arrivare nemmeno in finale, schiantandosi sul Psv nella semifinale nel 1988, ma soprattutto due volte contro il Milan di Sacchi. Qui i Blancos è come se si rendessero conto di appartenere a un'altra epoca: specialmente "El Buitre", abituato ad essere marcato a uomo (e a mandare ai matti il suo marcatore), trovandosi nella trappola del fuorigioco dei rossoneri perde un po' la bussola. Quando lascia il Real nel 1995, comunque, è come se se ne andasse un papà. Il suo posto in realtà, sia in campo che come numero di maglia (il 7) è già stato occupato da un altro prodotto del vivaio, madrileno e madridista: Raúl Gonzalez Blanco. Chiuderà la carriera in Messico, Butragueño, prima di diventare un dirigente del "suo" Real Madrid.
Emilio comunque ha segnato un'era non solo con il Real, ma anche e soprattutto con la Spagna, di cui è stato l'uomo-immagine anche lì per quasi un decennio. Poca fortuna in realtà per lui, come per le Furie Rosse in generale. Convocato a sorpresa già per l'Europeo del 1984 che la Spagna perde in finale con la Francia, ma in cui non mette mai piede in campo, "El Buitre" esplode ai Mondiali in Messico nel 1986. Una partita nello specifico rimarrà nella memoria per sempre, ed è l'ottavo di finale contro la Danimarca, che la Spagna vince 5-1 con poker di Butragueño. Il primo, sfruttando da vero avvoltoio uno svarione della difesa danese in un tentativo di "costruzione dal basso", il secondo di testa da due passi da calcio d'angolo, il terzo finalizzando un contropiede e il quarto su rigore. Menu completo, insomma. Fino ai cinque gol di Salenko al Camerun a Usa '94 nessuno avrebbe migliorato il record di Butragueño e degli altri cinque che avevano segnato un poker in una partita di un Mondiale: Wilimowski (Polonia, 1938), Ademir (Brasile, 1950) Kocsis (Ungheria, 1954), Fontaine (Francia, 1958) ed Eusebio (Portogallo, 1966). La Spagna poi nel 1986 sarebbe uscita ai quarti ai rigori contro il Belgio, lasciando "El Buitre" a secco così come all'Europeo del 1988 e al Mondiale di Italia '90, con la bruciante eliminazione agli ottavi di fronte alla Jugoslavia. Ciò nonostante, icona per sempre.
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