Estate 1984, il calciomercato del cambiamento

Estate 1984, il calciomercato del cambiamento

Con gli anni Ottanta entrati a pieno regime, la movimentata campagna trasferimenti dei calciatori di quella stagione modificò i rapporti di forza del nostro campionato. Il Milan parlò inglese, la Roma cambiò guida tecnica e il Napoli acquisto l'uomo del destino: Maradona

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Gli anni Ottanta vennero fatti oggetto di molte discussioni già durante il loro svolgimento. Oggi che sono diventati storia, non è difficile capire perché, dal momento che segnarono un’inversione di tendenza culturale e sociale netta rispetto al decennio che li aveva preceduti: dalla politica alla moda, dalla musica alla concezione dell’individuo nella società, i trend di pensiero vennero stravolti in poco tempo. Gli anni di piombo erano pronti per entrare nei libri di storia e i pantaloni a campana nei ripostigli mentre i barbieri, dopo anni di capigliature incolte, tornavano ad avere un ruolo nella definizione del look maschile. In Italia fu un periodo che fece registrare un miglioramento economico a lungo desiderato: l’inflazione scese (dal 21,2% registrato nel 1980 si arrivò al 6,3% del 1989) e un nuovo soffio di benessere, per quanto effimero, aleggiò sul Paese, che trovò in Bettino Craxi e Silvio Berlusconi gli uomini nuovi verso i quali orientarsi per interpretare i paradigmi del successo.
Di quel periodo, che molti ricordano come quello della Milano da bere, il 1984 fu l’anno che segnò la cesura più netta con il passato. In quei dodici mesi, gli anni Ottanta, per come sono ricordati oggi, assunsero i loro contorni definitivi.


Berlinguer, Craxi, Cuore

Non è un caso, forse, che uno dei maggiori esponenti del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer, morì quell’anno, quasi a segnare un confine tra quello che fu quel partito e quello che avrebbe cominciato a divenire. E che il Presidente del Consiglio fosse il già citato Bettino Craxi, in carica dal 4 agosto 1983 e già oggetto degli strali satirici degli ultimi bagliori di contestazione di Antonello Venditti, che nel suo album "Cuore" lo definì come “un ottimista, dall’aria vagamente socialista”, uno che “poi non sbaglia mai”. Un album, quello del cantautore romano, che in ambito musicale rappresenta alla perfezione lo “zeitgeist” del tempo, segnando il momento di passaggio tra il Venditti politicamente più impegnato e quello decisamente pop degli anni seguenti. Cuore venne pubblicato il 20 luglio 1984: riecheggiava di calcio giocato (“Notte prima degli esami”, il singolo di apertura che sarebbe diventato un classico della musica italiana, non casualmente parlava di “notti di sogni, di coppe e di campioni”, facendo riferimento alla finale che la Roma giocò contro il Liverpool poche settimane prima) e di calcio immaginato. Quello dei ritiri, che nel mese di luglio segnano l’inizio della nuova stagione nella quale i tifosi, che all’epoca rimanevano digiuni di calcio per lunghi periodi, si tuffano con le aspettative dettate dai movimenti del calciomercato, quell’anno particolarmente ricco di transazioni.


L’invasione di stranieri

Ci furono molti acquisti e cessioni che riguardarono soprattutto gli stranieri, dal momento che la Federazione aveva deciso, a partire dal 1° luglio, di bloccare per tre anni l’arrivo di giocatori provenienti dall’estero. Tutte le società si mossero di conseguenza, a partire dal Napoli di Corrado Ferlaino, che dopo un’acrobatica trattativa, riuscì ad acquistare dal Barcellona nientemeno che sua maestà Diego Maradona, la pietra d’angolo sulla quale sarebbe stata costruita la squadra campione d’Italia del 1987. Della quale avrebbe fatto parte Salvatore Bagni, arrivato anch’egli quell’anno dall’Inter. Pure il Verona, guidato in panchina da Osvaldo Bagnoli, in quell’estate prese gli ultimi giocatori necessari per raggiungere il risultato più importante di tutta la sua storia: dal Kaiserslautern arrivò l’ex decatleta Hans Peter Briegel mentre, per regalare un complemento ideale a Galderisi, in attacco venne acquistato il danese Preben Larsen Elkjaer, prelevato dal Lokeren.


Da Torino a Milano

Nelle capitali del calcio italiano, ovviamente, non si stava a guardare. A Torino i bianconeri, campioni d’Italia e vincitori della Coppa delle Coppe, si limitavano a un ricambio generazionale, sostituendo i partenti Gentile e Penzo con Favero e Briaschi. Più “pesante” la campagna acquisti dei granata, che inserivano in organico il portiere Martina, Leo Junior e Aldo Serena. Sforzi che, alla fine, vennero ripagati al termine della stagione con un considerevole secondo posto. La Milano rossonera pullulava di novità: col ritorno di Nils Liedholm in panchina, il presidente Farina non badò a spese per regalare al tecnico un centrocampo di qualità (Di Bartolomei e Wilkins, acquistato dal Manchester United) e un attacco che assortiva Pietro Paolo Virdis e la potenza dell’inglese Mark Hateley, che sei giorni dopo l’uscita negli Stati Uniti di Born in the USA (l’album che impose Bruce Springsteen agli occhi del mondo uscì il 4 giugno) contribuiva con un gol alla vittoria dell’Inghilterra in un’amichevole contro il Brasile. Due eventi quasi sovrapposti che, nel futuro, avrebbero avuto come comune denominatore lo stadio di San Siro, palcoscenico ideale, a dire il vero, più per i monumentali concerti del Boss che per gli sporadici stacchi aerei del giovane centravanti proveniente dal Portsmouth. Ai rossoneri, l’Inter rispondeva col vezzo altisonante di Kalle Rummenigge, accompagnato da acquisti mirati come quelli di Causio, Brady e Mandorlini.


Le suggestioni di Firenze e Roma

Anche nelle città d’arte le aspettative sulla nuova stagione si taravano sulle qualità di protagonisti stranieri: a Firenze il brasiliano Socrates, che riuscì a incantare per i suoi discorsi extracalcistici più che per la sua arte pedatoria; a Roma lo svedese Eriksson, accolto come vate di un calcio d’avanguardia. Ricordi vintage, come le cuffie dei walkman che dettero a quell’estate il vigore di una musica che proiettava le diversità di un nuovo tempo.  

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