1974, Real Madrid-Barcellona 0-5: la Spagna cambia regime

1974, Real Madrid-Barcellona 0-5: la Spagna cambia regime

Le merengues non sono più invincibili come negli anni precedenti, i blaugrana hanno inserito un sassolino nel meccanismo del calcio iberico e, più in generale, nel sistema politico: Johan Cruijff

 

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L’estate del 1973 è forse la stagione calda più importante di tutta la storia spagnola degli ultimi cento anni dal punto di vista politico. A giugno, infatti, per sopraggiunti limiti di età, il Generalissimo Francisco Franco abbandona la carica di primo ministro. Questo avvenimento ha delle implicazioni anche sul lato sportivo, soprattutto nel mondo del calcio, che durante la lunga stagione franchista ha avuto una funzione di vera e propria valvola di sfogo per la popolazione spagnola. Nei mesi estivi, infatti, la Federcalcio spagnola decide di abbandonare la sua politica autarchica decidendo di aprire le frontiere ai calciatori stranieri. A beneficiare di questa decisione è il Barcellona, che riesce a vestire in blaugrana il più forte giocatore del mondo, ovvero Johan Cruijff. Il fuoriclasse olandese ritrova così in Catalogna il suo mentore Rinus Michels che allena il Barcellona dal 1971 dopo aver letteralmente forgiato non solo l’Ajax ma l’intero movimento calcistico olandese attorno ai crismi del totaalvoetball. Il Real Madrid non resta comunque a guardare acquistando il regista del Borussia Mönchengladbach e della Nazionale tedesca Günter Netzer.

 

Real Madrid e Barcellona

 

Il Real non sta attraversando il suo miglior periodo della sua gloriosa storia: la squadra nelle ultime quattro stagioni ha vinto una sola volta il campionato dopo un decennio (gli Anni Sessanta) in cui le merengues hanno si sono sempre classificati al primo posto eccetto che nella stagione 1965-66 vinta dai cugini dell’Atletico. Il Barcellona dal canto suo è una nobile decaduta del calcio spagnolo in quanto è a digiuno di vittorie in campionato dalla stagione 1959-60. Con l’acquisto di Johan Cruijff la musica cambia completamente: il Barcellona, infatti, mette il turbo fin dalle prime gare e dalla quattordicesima giornata è primo in classifica solitario da imbattuto con 31 punti in 21 partite, presentandosi al Clásico di ritorno del 17 febbraio con nove punti di distacco da un Real Madrid che invece è in piena crisi d’identità. Non è un caso che la crisi delle camisetas blancas vada di pari passo con quello del governo centrale franchista. Il 20 dicembre 1973, due mesi prima del grande evento sportivo, l’ammiraglio Luis Carrero Blanco, erede designato del Generalissimo, viene fatto volare in aria con la sua vettura da un attentato dell’E.T.A. Questo episodio decisivo nella storia recente della Penisola Iberica, a Madrid viene considerato una sorta di Caso Moro in salsa spagnola ed ha alimentato fino ad oggi un’infinità di narrazioni dietrologiche che parlano di coinvolgimenti della C.I.A:, del Mossad oltre che della vicina Francia. Una cosa però è certa: il regime franchista nel 1974 ormai non gode più di nessun appoggio sia dall’Europa che dagli Stati Uniti dove la stagione nixoniana è ormai agli sgoccioli. Due mesi più tardi la Rivoluzione dei Garofani (appoggiata dagli Stati Uniti) metterà fine all’Estado Novo di Marcello Caetano mentre la Spagna dovrà attendere la dipartita del truce generale galiziano, avvenuta il 30 ottobre 1975, per iniziare una lenta fase di transizione verso il sistema liberal-democratico.

Cruijff segna la Storia spagnola

 

Otto giorni prima del grande evento, in una clinica di Amsterdam, è capitato un altro fatto destinato a mettere, con tutta la sua carica simbolica, un altro chiodo nella bara del sistema di potere franchista. Johan Cruijff diventa infatti padre per la terza volta e registra il suo primogenito all’anagrafe della capitale olandese con il nome catalano di Jordi (il santo patrono della Catalogna). C’è un piccolo problema: quando Cruijff fa ritorno a Barcellona e porta i documenti all’anagrafe spagnola scopre che nella Spagna franchista è assolutamente vietato dare nomi in lingue “minoritarie” come il catalano, il basco od il galiziano, idiomi che non godono di nessun riconoscimento ufficiale. I funzionari gli ribattono subito che può chiamare il suo pargolo solamente con il nominativo di Jorge ma il fuoriclasse, che era tale anche in dialettica e diplomazia, ribatte che la burocrazia spagnola poteva limitarsi semplicemente a copiare l’atto di nascita redatto in Olanda. Questo fatto però riesce a rassicurare gli impiegati catalani e così Jordi Cruijff (o Cruyff come veniva trascritto in Spagna) diventa il primo cittadino a portare un nome non spagnolo dal 1939.

 

Arriva il Clásico

 

Analizzando l’immediata vigilia del secondo Clásico della stagione, il tecnico blaugrana Rinus Michels si dimostra ottimista se non addirittura spavaldo: «La normalità è che il Barcellona vinca, se vogliamo aspirare al titolo dobbiamo sempre dimostrare il nostro valore», poi il tecnico olandese, forse consapevole di essere stato troppo perentorio nelle sue dichiarazioni, decide di fare un po’ di “maniavantismo”: «Si può anche perdere, il Barcellona è più forte del Madrid ma in una partita può accadere di tutto». Il portiere del Real Madrid, il baffuto Mariano García Remón, invece non si dimostra un buon profeta: «Temo tutti gli attaccanti del Barcellona, ma specialmente Cruijff anche se, quando lo ho affrontato contro l’Ajax non mi ha mai segnato. Il Barcellona sta giocando una stagione straordinaria e attraversando un grande momento di forma, però credo che possiamo vincere». Il tecnico del Real, il canario di origini irlandesi Luis Molowny (probabilmente il cognome originale era Maloney), è consapevole che i suoi ragazzi, pur giocando in casa, dovranno scalare una sorta di Everest per riuscire a sconfiggere la capolista del campionato: «Mi sento in una situazione scomoda, sarà una partita dura tra due eterne rivali», poi con un pizzico di scaramanzia che mai guasta aggiunge: «Vincerà la squadra che sarà più fortunata». Molowny, che ha rimpiazzato da tre giornate una leggenda della panchina madridista come Miguel Muñoz, vincitore di ben due Coppe Campioni (nel 1959-60 e nel 1965-66) e di nove campionati dal 1960 al 1972, non ha ancora sciolto il dubbio su come intenderà marcare il fuoriclasse del Barcellona Johann Cruijff: «Non so ancora chi lo marcherà, lo deciderò nelle ultime ore prima della partita».

 

 

Domenica 17 febbraio 1974 alle 20.00 lo Stadio Santiago Bernabeu è gremito in ogni ordine di posto con ottantamila spettatori mentre entrano in campo i ventidue protagonisti di Real Madrid-Barcellona accompagnati dalla terna arbitrale capeggiata dal direttore José Luis Orrantia Capelastegui di Barakaldo. Entrambe le compagini si schierano con il 4-3-3 anche se declinato in modo diverso. I padroni di casa dell’“apagafuegos” (che potremmo tradurre come “spegni fuoco”) Molonwy, per fronteggiare il Barcellona e mantenere l’imbattibilità nei Clásicos che dura da quattordici turni, decidono di affidare la porta a Mariano García Remón, 24 anni prodotto della Cantera merengue. In difesa, nel ruolo di terzino destro gioca il volonteroso Juan Morgado, 21 anni, anche lui prodotto del settore giovanile madridista. A sinistra invece la scelta cade sul primo Benito del Real che di cognome fa Rubiñán, ventiquattrenne acquistato in estate dal Deportivo La Coruña. Al centro della difesa agisce invece il secondo Benito (solo che questo è il suo cognome), ma che di nome fa Gregorio, uno stopper roccioso di 27 anni specialista nell’uno contro uno e nel colpo di testa. Al suo fianco, nel ruolo di regista difensivo, Molowny sceglie Ignacio Zoco che con i suoi 34 anni è il primo superstite della Generazione Yé-yé. Alto, statuario e dalla folta chioma bionda, Zoco non è un fulmine di guerra in quanto a velocità anche se con la sua esperienza ha un ottimo senso della posizione. A centrocampo a fungere da perno centrale del trittico scelto da Molowny c’è il tedesco dai piedi enormi (calza, infatti, il 47 di piede) Günter Netzer, 27 anni ex faro del Borussia Mönchengladbach di Hennes Weisweiler, una delle squadre più spettacolari dei primi Settanta. Specialista nel lancio a lunga gittata, Netzer, solitamente parte da posizione arretrata per poi avanzare “a fari spenti” in attacco. Al suo fianco Molowny sceglie José Martínez Sánchez, detto Pirri, 28 anni, ovvero il secondo superstite della Generación Yé-yé. Nonostante la statura ridotta (174 centimetri) Pirri è un centrocampista completo, una mezzala polivalente capace sia di difendere che di attaccare. Manuel Velázquez, 31 anni, mezzala sinistra chiude il trio di centrocampo: anche lui è uno degli “Yé-yé” ed è un centrocampista molto abile ad inserirsi e a calciare da fuori area. Nel tridente d’attacco a destra giostra l’ala tascabile (172 centimetri) Francisco Javier Aguilar detto “Ico”, ventiquattrenne che al Real viene considerato come l’erede naturale di “Paco” Gento anche se, a parte la velocità e le origini cantabriche, poco altro accomuna i due giocatori. Sulla fascia mancina invece troviamo un altro giovanissimo, José Macanás, che con i suoi vent’anni è il più giovane giocatore in campo. Chiude il reparto offensivo il centravanti Amaro Amancio, 34 anni, il capostipite degli Yé-yé, colui che è riuscito a non far rimpiangere in casa Real gente del calibro di Di Stefano e Puskás. Nato come ala, Amancio è un attaccante completo e tecnico capace di svariare su tutto il fronte offensivo.

Il Barcellona risponde con lo stesso schieramento: in porta, al posto del titolare Salvador Sadurní che deve guarire da una botta al gomito, gioca a sorpresa il portiere di riserva, il venticinquenne Valentí Mora. Nei quattro difensori a destra troviamo la bandiera Joaquim Rifé, 32 anni in forza al Barcellona dal 1963. Sulla fascia opposta, con la maglia numero cinque, Michels schiera Jesús Antonio de la Cruz detto Toño, 26 anni, terzino dalla spiccata propensione offensiva. In mezzo alla difesa si erge il capitano Antoni Torres García, 30 anni, difensore dai piedi buoni ma abbastanza lento e statico che viene coadiuvato dal secondo centrale Enrique "Quique" Costas, ventisettenne ex mediano che Michels impiega come marcatore centrale in un ruolo che ricorda molto da vicino quello di Guardiola nel Dream Team degli Anni Novanta. A centrocampo sul centrodestra agisce il capitano Juan Carlos Pérez López, 29 anni motorino inesauribile della mediana, sul centrosinistra invece troviamo un altro giocatore estremamente versatile come il biondo Marcial Pina Morales, 27 anni, di fatto un attaccante arretrato in mediana (a fine stagione sarà infatti secondo Pichichi del campionato con 17 reti). Al centro, infine, in posizione quasi da trequartista c’è spazio per un altro giocatore dalle spiccate doti offensive come Juan Manuel Asensi, 24 anni, che nello scacchiere di Michels riveste il ruolo di “centravanti ombra” (quello che sarà Bakero vent’anni più tardi con Cruijff allenatore). In attacco, nel classico tridente, sulla fascia destra abbiamo Carles “Charly” Rexach, ventisettenne prodotto del settore giovanile blaugrana che in campo è lo scudiero prediletto di Re Johan (e lo sarà ancora per molti anni come suo assistente sulla panchina blaugrana), nominalmente è un’ala anche se tende spesso a convergere in posizione centrale. Sulla fascia opposta, a sinistra, c’è invece il secondo straniero schierato da Michels, il ventitreenne peruviano Hugo Sotil detto El Cholo, un fantasista minuto (alto 169 centimetri) specialista nel dribbling che Michels fa partire da sinistra per sfruttare il suo movimento a rientrare sul destro. Chiude la formazione il centravanti arretrato/architetto/demiurgo della squadra Johan Cruijff, che 26 anni dopo aver scritto la storia del calcio con l’Ajax è stato chiamato a risollevare una nobile decaduta del calcio spagnolo. Come detto all’inizio del paragrafo, sia il Real Madrid che il Barcellona giocano con il 4-3-3, sistema ormai imperante negli Anni Settanta grazie alla Rivoluzione Culturale olandese, anche se entrambe le compagini lo declinano in modi molto diversi. Il Real in difesa si schiera con quattro difensori in linea perché sia Goyo Benito che Zoco giocano rigorosamente a zona mentre a centrocampo Netzer funge da vertice basso con Pirri e Velázquez interni; Molowny quindi decide di non marcare Cruijff con una marcatura individuale. Il Barcellona, invece in maniera abbastanza controintuitiva, viene impostato con ferree marcature ad personam da Michels. Torres gioca infatti da libero statico davanti a Mora mentre Costas, agisce in marcatura su Amancio oltre che in appoggio al centrocampo. Sulle fasce invece Rifé e de la Cruz sorvegliano rispettivamente Macanás e Aguilar. A centrocampo Asensi funge più da trequartista, in pressione su Netzer, che da centrocampista con Juan Carlos e Marcial che gli coprono le spalle marcando rispettivamente le mezzali avversarie Velázquez e Pirri. In definitiva il 4-3-3 usato da Michels assomiglia già molto al 3-4-3 a triangoli concentrici che il suo allievo Johann Cruijff utilizzerà tre lustri dopo quando ritornerà in Catalogna nelle vesti di allenatore. Dal punto di vista geografico il Real Madrid è la solita costellazione di giocatori provenienti da un po’ tutto il territorio nazionale: ci sono infatti due madrileni (García Remón, Velázquez), due galiziani (Benito Rubiñán e Amancio), un castigliano (Goyo Benito), un navarro (Zoco), un murciano (Macanás), un cantabrico (Aguilar), un estremegno (Morgado) ed un nativo dell’enclave africana di Ceuta (Pirri). Il Barcellona invece risponde con un nutrito gruppo di catalani (Mora, Rifé, Torres, Asensi, Rexach) a cui si aggiungono un gallego (Costas), un asturiano (Marcial), un cantabrico (Juan Carlos) ed un leonese (de la Cruz).

 

Come andò quel Real-Barcellona

 

Dopo il primo fischio dell’arbitro Capelastegui il Barcellona prende subito le operazioni del match. Al 3’ assistiamo alla prima occasione per i padroni di casa con Marcial che viene murato dalla difesa del Real prima di concludere a rete. Dopo un tiraccio alto di de la Cruz (6’), all’8’ il Real Madrid, che fino a quel momento aveva approcciato in maniera abbastanza passiva all’incontro, si affaccia in avanti: Pirri, infatti, raccoglie di testa un cross di Amancio dalla sinistra mandando il pallone fuori. L’episodio sveglia i padroni di casa che al 12’ collezionano un’altra opportunità con Velázquez che obbliga Mora ad una parata in tuffo in due tempi. Al 14’ il Real costruisce un’occasione clamorosa per passare in vantaggio: su un cross basso dalla sinistra di Macanás, Velázquez si inserisce in area con una buona tempistica ma sparacchia il pallone alle stelle da pochi passi. Dopo il quarto d’ora il Barcellona torna a riprendere le redini del match in mano prima con un tiro alto di Rexach, durante uno dei suoi tanti spostamenti al centro, mentre al 16’ García Remón para in due tempi una bomba da lontano di Marcial. Poi la partita si spegne per un quarto d’ora con le squadre che iniziano a battagliare a centrocampo: le due compagini giocano molto corte per i canoni dell’epoca con la linea difensiva molto alta, tanto che sia Real che Barcellona attuano in un paio di circostanze la tattica del fuorigioco. Al 31’ il Barcellona rompe il torpore in cui era piombato il match segnando il gol dell’1 a 0: lo scatenato Marcial sulla destra scarta due avversari e poi serve un pallone deliziosi ad Asensi al centro che da pochi passi non può proprio sbagliare. Un minuto più tardi continua ad attaccare la squadra catalana con un tiro dalla lunga distanza di Rexach che García Remón devia in corner allungandosi sulla sua destra. Al 38’, su un cross dalla sinistra di Sotil, un colpo di testa volante da fuori area di Juan Carlos termina alto, è il preludio del raddoppio che avviene un minuto dopo: Cruijff, che fino a quel momento era rimasto un po’ ai margini della gara, decide di far vedere al Bernabeu chi è il miglior giocatore del mondo; il numero nove prende palla sulla trequarti, scarta in velocità ben tre difensori avversari prima di battere il portiere avversario in uscita. Due minuti più tardi si rifà in avanti il Madrid con un tiro di Amancio ribattuto dalla difesa blaugrana, al 43’ il Barça potrebbe fare il tris con un colpo di testa vincente di Marcial, su cross da destra di Cruijff, l’arbitro però annulla il gol per fuorigioco (che dal filmato sembra non esserci). Si va così al riposo con il Barcellona avanti 2-0 su un Real che pur avendo giocato abbastanza sottotono, ha mostrato di poter essere pericoloso.

 

Nella ripresa, Luis Molowny cerca di scuotere il suo Real dal doppio svantaggio inserendo in campo Santillana, considerato uno dei ragazzi prodigio del calcio spagnolo, al posto dello spento Ico Aguilar. È proprio il neoentrato Santillana a mancare l’impatto con il pallone su un cross dalla sinistra di Macanás. Poi però il Barcellona riprende in mano le redini del match: al 52’ su una sponda di Sotil, Rexach calcia alto sulla traversa. Al 53’ Cruijff prova riprova la serpentina in velocità ma la sua conclusione termina alta. Un minuto più tardi Asensi decide di imitare l’olandese: il numero 8 si beve due difensori madrileni e calcia un bel diagonale di sinistro che vale il 3-0. Al 61’ il Real segna con una conclusione da pochi passi di Macanás ma l’arbitro Capelastegui annulla per posizione irregolare di Velázquez. Passano quattro minuti ed il Barcellona fa poker: Cruijff riceve palla davanti alla difesa e innesca con un lungo spiovente parabolico Juan Carlos che con un bel pallonetto scavalca García Remón. Al 70’ la compagine di Michels cala la manita: su una punizione dalla destra del solito Johann Cruijff, il piccolo Sotil di testa anticipa tutti e segna il definitivo 5-0. Il Barcellona fa uscire l’infortunato Marcial, uno dei migliori in campo, e fa entrare il numero 14 (quello di Cruijff) Tomé. Al 73’ il Real segna di nuovo, ma ancora una volta l’arbitro annulla il gol per fuorigioco (questa volta la posizione di offside di Santillana è evidente). Al 76’ il Barcellona potrebbe segnare il sesto gol ma su un cross dalla destra, Sotil con un tuffo volante manda la palla di poco sopra la traversa. Poi per i restanti quindici minuti sia assiste ad una pura accademia da parte della squadra catalana con il Real che accetta lo storico verdetto finale.

 

Le conseguenza del tracollo

 

Con questa impresa storica il Barcellona consolida definitivamente il suo primato in classifica salendo a quota 33 punti, mantenendo sempre un importante +7 sull’Atlético di Madrid. I cugini del Real invece restano a 22 punti, in una mediocrissima nona piazza. Nelle classiche dichiarazioni dopopartita, in casa Barcellona Rinus Michels è consapevole di aver scritto la storia e, seppur in un castigliano abbastanza maccheronico, afferma: «Abbiamo giocato la migliore patita della stagione, né il Madrid né nessuna altra squadra avrebbe potuto batterci oggi, il 5 a 0 rispecchia esattamente quello che è avvenuto sul campo». Il suo luogotenente sul campo Johan Cruijff non sta nella pelle: «Per me è come un sogno, considero normale il risultato ma anormale il fatto che il Real ha preso cinque gol. Il segreto della gara? Abbiamo giocato di squadra indipendentemente dalle posizioni in campo». Marcial, uno dei migliori in campo, commenta in modo assai modesto questa storica impresa: «È stata un’impresa sensazionale la nostra ma mi dispiace davvero per il Real perché a Madrid ho molti amici». Asensi invece è ancora incredulo: «Non credevo in un successo così netto, il Real ha iniziato bene ma poi non è riuscito a tenere i nostri ritmi e potevamo segnare altri gol». C’è molto scoramento invece in casa Real, Luis Molowny ammette con sportività: «Mi aspettavo una partita difficile ma non questo risultato. Ci sono mancate molte cose, ma soprattutto una: l’anticipazione, noi non riuscivamo mai ad anticiparli, questa è stata la chiave della gara». Per quanto riguarda i giocatori Goyo Benito si allinea per fair play al suo tecnico: «Il Barcellona ha giocato una partita straordinaria con una sicurezza ed una potenza straordinaria, la partita si è decisa tutta a centrocampo». Günter Netzer invece non si nasconde a cercare alibi: «Contro una squadra come il Barcellona non potevamo fare nulla ma abbiamo giocato male, molto male!». Pirri è sulla stessa lunghezza d’onda e sintetizza bene l’andamento della gara: «Il Barcellona ci è stato nettamente superiore, abbiamo giocato un’ottima mezzora, il nostro compito era di trovare il gol nei primi minuti ma non ci siamo riusciti, non dobbiamo nessuna giustificazione». L’unico a cantare fuori dal coro è il giovane Macanás: «Mi sembra un risultato esagerato, l’arbitro ci ha annullato un gol che era grande come una casa!».

 

 

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