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«Il Napoli giocava a Mosca in Coppa dei Campioni e Diego arrivò tutto solo all’alba, Moggi e Ferlaino decisero di lasciarlo fuori»
«Qual è il mio primo ricordo dell’esperienza europea al Napoli? Che abbiamo fatto molto meno di quello che potevamo fare. E questo, a distanza di anni, rappresenta per me un grandissimo rimpianto». Massimo Mauro ha vestito la maglia azzurra dal 1989 al 1993, portando a casa uno scudetto e una Supercoppa italiana. Ha giocato al fianco di Maradona, vivendo alcuni tra gli anni più belli ed esaltanti della storia del club. «In quegli anni il Napoli era una grandissima squadra, ma ha espresso la sua grandezza solo in Italia. In Europa non siamo riusciti a lasciare il segno, nonostante ne avessimo tutte le possibilità. Sono accaduti anche tanti episodi molto particolari».
Quali ad esempio?
«Ricordo la trasferta in Coppa dei Campioni contro lo Spartak Mosca. Era il secondo turno. Diego non venne con noi, arrivò in un secondo momento e andò in panchina. Non stava bene. Furono due partite molto equilibrate, terminate entrambe sullo 0-0. Il match di ritorno lo giocammo sotto la neve, in condizioni terribili. Eppure facemmo una buonissima gara».
Perché Diego Maradona iniziò dalla panchina?
«Ti racconto cosa avvenne: Diego non venne con noi, non partì con la squadra. Arrivò per i fatti suoi la notte precedente alla gara e alle quattro di mattina, con noi che non dormimmo praticamente mai. Si discusse a lungo se fosse il caso di farlo giocare, oppure no. Fu una vera sceneggiata, degna dei migliori autori cinematografici. Quell’anno era difficile fare i professionisti fino in fondo. Ci siamo trovati spesso in situazioni di questo tipo. Moggi e Ferlaino non vollero far giocare dall’inizio Maradona. È stato giusto? Ognuno potrà giudicare».
Maradona entrò nella ripresa e segnò uno dei rigori. L’errore decisivo fu di Baroni.
«Peccato. Sul campo, nonostante tutto, non meritammo di uscire. Giocammo una buonissima gara, nonostante le tante difficoltà. Come dicevo, in quegli anni in Europa non riuscimmo a ripetere gli ottimi risultati ottenuti in campionato».
La stagione precedente veniste eliminati in Coppa Uefa dal Werder Brema...
«Andammo a giocare in Germania in condizioni terribili, con diversi assenti e infortunati. Io giocai con un’infiltrazione alla caviglia. Ma alla fine, forse, fu meglio così: perché quell’anno ci concentrammo sul campionato e vincemmo lo scudetto».
Il Napoli non riuscì a ripetersi in Europa, nonostante la spinta di uno stadio che sapeva trascinare come pochi.
«Non voglio sminuire il presente, perché anche oggi il pubblico del Napoli è molto caloroso e vicino alla squadra, ma in quegli anni il San Paolo era qualcosa di unico. Mai visto un ambiente così: tremavano tutti quando si entrava nell’impianto napoletano. Forse per la presenza di Maradona, ma lo stadio era sempre una bolgia. Adesso speriamo che contro il Barcellona si crei un’atmosfera simile».
Il Napoli ha chance di passare il turno?
«Giocare contro il Barcellona è una grande opportunità. Questo turno ti può permettere di accantonare le difficoltà iniziali e scrivere una nuova storia. Questa è un’occasione unica per i calciatori, che possono allontanare ciò che è successo fino a oggi e realizzare un’impresa. Si giocherà su 180 minuti e l’importante non è tanto battere la squadra di Xavi, ma fare due prestazioni intelligenti che consentano di passare il turno».
Come si batte il Barcellona?
«Con intelligenza, umiltà e in velocità. Gli spagnoli giocano con la difesa alta e sarà importantissimo cercare di andare nello spazio e provare a prenderli in contropiede. Non mi stupirei se il Napoli lasciasse al Barcellona il pallino del gioco. Ma a quel punto deve essere in grado di ripartire alla grande».
Per come la sta descrivendo, sembra la partita ideale per Kvaratskhelia.
«Ha velocità, forza, intelligenza ed è bravissimo sia nei recuperi, che nell’andare senza palla a dettare il passaggio in profondità. Gli manca forse soltanto una cosa: capire i tempi giusti nei quali sfruttare le sue armi. Se fa questo switch mentale, diventerà ancora più forte».
Vale anche per Osimhen?
«Per quello che ho visto quest’anno, Osimhen deve tornare ad essere quel professionista esemplare che era diventato con Spalletti. I leader, capiscono i momenti delle partite, evitano proteste inutili e plateali, non sbraitano quando un compagno sbaglia un cross. I leader danno il buon esempio, sono un riferimento per i compagni. Lo scorso anno è stato perfetto, ma sia l’anno precedente al titolo, che questo, ha avuto delle battute d’arresto. Forse avranno inciso gli infortuni, le vicende contrattuali, ma in questa stagione non si è visto il vero Osimhen. Se torna leader, è uno degli attaccanti più forti al mondo».
Chiudiamo con un giochino: più forte il Napoli dell’ultimo scudetto, o il vostro, che vinse il titolo nel 1990?
«Il nostro».
Quali giocatori di oggi, sarebbero stati titolari nel vostro Napoli?
«Difficile dirlo: con un pizzico di presunzione sarei portato a dire nessuno. Se penso agli italiani che giocavano nella nostra squadra e agli stranieri, credo che quel gruppo fosse fortissimo. Quello era un Napoli nel quale io, Zola, Carnevale, rischiavamo di stare in panchina. Tanto è vero che ha vinto lo scudetto contro il Milan più forte della storia. Di Lorenzo lo scorso anno ha fatto un campionato pazzesco, ma lo preferiresti a Ferrara? Sostituiresti Francini con Mario Rui? Forse Kim con Baroni, ma Marco fece un grande anno e segnò il gol scudetto. Anche davanti, Osimhen è fortissimo, ma noi avevamo Careca. Diciamo una cosa: auguro al Napoli di oggi di fare meglio in Europa rispetto a quanto facemmo noi. Iniziando dal Barcellona».
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