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L'olandese ha avuto una vita calcistica lunghissima, vincendo tutto con l'Ajax "totale" degli anni Settanta e deliziando anche i tifosi del Napoli
Cos'è stato l'Ajax di Crujiff? Cos'è stata l'Olanda del “calcio totale”? Una macchina di gioco spettacolo ma soprattutto un'organizzazione quasi maniacale che iniziava se non proprio dal portiere (uno diverso per il club e per la nazionale, comunque) da una difesa di piedi buoni e teste pensanti. Ridurre Ruud Krol a un terzino sinistro, lo era sia dell'Ajax che dell'Olanda, è banalissimo. Lui è stato molto di più, un punto di riferimento per quelle squadre che non erano solo Crujiff e Neeskens, Van Hanegem e Rensenbrink.
Nato il 24 marzo del 1949, Krol fa in fretta a scalare le gerarchie all'Ajax partendo dalle giovanili. E anche dove trova teorici ostacoli li schiva per guadagnarsi spazio. Il ruolo di terzino destro che sarebbe il suo è già di Suurbier? Nessun problema, inizia a giocare a sinistra ed è come se non avesse fatto altro che occupare quella porzione di campo.
L'importante è saper giocare nella ragnatela “totale” di Michels e poi di Kovacs, testa alta e piedi buoni, a volte centrocampista aggiunto, far sudare la palla più che il proprio corpo. Un corpo che peraltro per l'epoca è quello di un corazziere, 1.85 per 80 chili: rapido e veloce, Krol non lascia passare uno spillo, nemmeno le alette frizzanti che lo puntano e lo dovrebbero mettere in difficoltà.
Così vince tre volte di fila la Coppa Campioni anche se salta la prima finale di quell'Ajax, contro il Panathinaikos nel 1971, per un brutto infortunio alla gamba. Titolare inamovibile però sia nel 1972 con l'Inter che nel 1973 con la Juventus, con Jair e Causio (non proprio due scappati di casa) che rimediano una magra figura.
È il 1974 e per un'intera generazione di calciatori olandesi c'è l'occasione del secolo: vincere il mondiale. Lo sappiamo tutti come si conclude, con la Germania Ovest che in finale disinnesca il piano-partita degli oranje, che si innervosiscono e perdono 2-1.
Krol gioca ogni minuto di quel mondiale, terzino sinistro libero di inserirsi come quando segna nel celebre 4-0 all'Argentina con una sventola da fuori (naturalmente di destro) sugli sviluppi di un calcio d'angolo.
Non manca nemmeno al mondiale del 1978 dove è il capitano dell'Olanda. Sempre presente e nessun gol segnato stavolta, solo un'ammonizione nella finale contro l'Argentina persa 3-1: il canto del cigno di una generazione d'oro che anche a livello di competizioni per club inizia a soffire.
Estate 1980, l'Italia apre di nuovo le frontiere dopo 14 anni e arriva in Serie A un po' di tutto, seppur in quantità limitata visto che c'è la possibilità di un solo straniero per club: da Falcao a Luis Silvio Danuello, da Brady a Eneas, bidoni e campioni si mescolano.
Il Napoli va sul sicuro e prende proprio Krol, reduce da una breve parentesi ai Vancouver Whitecaps, nell'ancora nebbioso campionato nordamericano dopo 12 anni all'Ajax: ha 31 anni, l'olandese, per molti è già sul viale del tramonto e in più è costato 110 milioni. Il direttore sportivo Antonio Juliano in compenso rassicura: "Fidatevi di me".
Certo, passare dall'Ajax a una squadra di metà classifica in Italia è un bel balzo, ma a Ruud basta poco per inserirsi. Non più come terzino sinistro, seppur "totale", ma libero. I risultati si vedono subito perché a 5 giornate dalla fine il Napoli è in vetta a pari punti con Juventus e Roma e ha la seconda difesa meno perforata. Poi il crollo, ma insomma per la squadra di Rino Marchesi è una stagione indimenticabile che si chiude con terzo posto bissato l'anno successivo da un quarto posto.
Krol resta a Napoli fino al 1984, mantenendo una forma fisica invidiabile e con le stimmate del leader: classe e signorilità fino alla fine. Se ne va proprio poche settimane prima dell'arrivo di Maradona e sarebbe stato davvero bello vedere questi due giganti del calcio assieme. Chiude la carriera al Cannes, nel campionato francese.
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