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Il toscano fu un eccellente portiere soprattutto con la Fiorentina a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, anche se venne lanciato in C-1 al Parma dal futuro grande tecnico del Milan. Ora è uno dei collaboratori dell'allenatore della Juventus
Oggi lo vedete vice di Massimiliano Allegri alla Juventus, ma Marco Landucci è stato un portiere che più anni Ottanta-Novanta non si può: titolare in squadre di medio livello ma dal solidissimo rendimento, tanto da tramandare la sua sapienza anche come allenatore dei portieri.
Faccia squadrata, poche parole e molti fatti: Marco Landucci è un lucchese che a Firenze ha trovato da giocatore almeno la sua seconda patria. Cresciuto nella primavera viola, finisce a Parma nel 1985 e a 22 anni diventa il portiere meno battuto della C-1 con appena 14 gol subiti in 34 partite, roba da saracinesca vera con promozione in B compresa.
L'allenatore è un certo Arrigo Sacchi, abituato a costruire le sue squadre dalle fondamenta, cioè dalla difesa (qualcuno ha detto Gianluca Signorini? Esatto) e possibilmente da un portiere insuperabile: Landucci lo conosce fin da quando allenava la primavera della Fiorentina campione d'Italia proprio con Marco come numero 1, nel 1982.
Un Landucci che comunque è il precursore di altri grandi portieri sacchiani come Giovanni Galli o Sebastiano Rossi, insomma. Curioso che il vice di Landucci in quel Parma sia Luca Bucci, futuro grande estremo difensore dei ducali e chiamato in nazionale proprio da Sacchi.
La B non se la gode perché per lui è pronto il salto direttamente in Serie A, quando un portiere giovane di C-1 se bravo poteva diventare titolare tra i grandi. L'azzardo calcolato è del “sergente di ferro” Eugenio Bersellini, che lo richiama alla Fiorentina.
Inizia per Landucci un quadriennio in cui è il titolare di una squadra che fatica ad entrare nel circolo delle grandi, anche se la Fiorentina raggiunge la finale di Coppa Uefa del 1990, persa contro la Juventus. E pensare che il suo debutto in maglia viola in Coppa Italia contro la Casertana era coinciso con una sua papera su tiro di Petriello passatogli sotto le gambe.
Gioventù e bravura comunque lo portano ad essere il terzo “incomodo” per la nazionale dietro i due mammasantissima Zenga e Tacconi. Per l'Europeo del 1988 a un certo punto rischia la chiamata all'ultimo da parte di Azeglio Vicini per via di un problema urgente capitato al secondo, ma mentre è in vacanza a Lido di Camaiore a Landucci non rimane che abbandonarsi allo sconforto, visto che Tacconi guarisce e va in Germania Ovest.
Nel 1991 dopo la Fiorentina rimane in Toscana, coraggiosamente scendendo di categoria, nella “sua” Lucchese con Marcello Lippi in panchina. Grande stagione anche qua, ma la concorrenza altrove è sempre molto forte.
Masticherà di nuovo la A solo grazie a un Brescia “minore” prima di accasarsi con l'Avellino in C-1 tra 1994 e 1995, ultimo campionato da protagonista di Landucci decisivo nella finale dei playoff contro il Gualdo.
Appesi i guantoni al chiodo diventerà eccellente allenatore dei portieri alla Fiorentina, al Grosseto e soprattutto al Cagliari, dove inizierà la sua collaborazione con Massimiliano Allegri, che prosegue ancora oggi alla Juventus non più solo focalizzata sugli estremi difensori.
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